ἄτη, δαίμων e μανία: genio e follia nella letteratura greca da Omero ai Cristiani Storia della Lingua Greca Laurea Magistrale in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica a.a. 2017/2018 – C. Neri camillo.neri@unibo.it
D’altra parte quanto più è perfetto l’amore, tanto più è grande, tanto più beato il delirio. Quale sarà dunque quella vita celeste che fa tanto sospirare le anime pie? Lo spirito, che è il più forte, sarà vittorioso, e assorbirà il corpo tanto più facilmente perché già in vita lo avrà mortificato e indebolito in vista di una simile trasformazione. Poi sarà a sua volta mirabilmente assorbito da quella somma Mente la cui potenza è infinitamente superiore. A questo punto l’uomo sarà interamente fuori di sé, e solo per questo felice, perché, essendo fuori di sé, subirà non so quale ineffabile influsso di quel sommo Bene che tutto trae a sé. (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia 67) prologo
(Apple, Think different) Stay hungry, stay foolish. (Steve Jobs) Ecco i pazzi. Il disadattati. I ribelli. I facinorosi. Le spine nei fori quadrati. Quelli che vedono le cose diverse. Non sono appassionati di regole. E non hanno alcun rispetto per lo status quo. Si possono citare, essere in disaccordo con loro, glorificarli o denigrarli. L’unica cosa che non si può fare è ignorarli. Perché cambiano le cose. Spingono la razza umana nel futuro. Mentre alcuni possono vederli come pazzi, noi li vediamo come geni. Perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, sono quelli che lo fanno davvero (Apple, Think different)
nomi e manifestazioni dell’irrazionale i canoni dell’umano follia, malattia, pericolo genio e follia: innovazione e futuro follia, vita, allegria follia, giovinezza, vecchiaia follia e divino passione, bellezza, amore nomi e manifestazioni dell’irrazionale
un incontro di persone e obiettivi presentazioni reciproche: attese e obiettivi presentazione del corso: gli obiettivi i modi programma e calendario le verifiche il materiale
gli obiettivi approfondire una lingua nei suoi contesti comunicare, insegnare, autovalutarsi fare ricerca: metodi e strumenti
i modi lezioni introduttive e finestre di approfondimento lezioni-Referate esercizi personali
programma e calendario il programma e la tabella delle lezioni Storia della lingua: 2.10-8.11 Grammatica: 13.11-13.12 i libri in programma date degli appelli
le verifiche autovalutazione: le schede di verifica Referate esame finale: la tematica e il saggio (freq.) i testi e il manuale (non freq.)
il materiale http://www2.classics.unibo.it/Didattica/Programs/20172018/Neri/
il lessico del genio e della follia... ἄτη μαίνομαι/μανία λύσσα μωρία δαίμων οἶστρος
prime occorrenze: ἄτη Il. I 411s. γνῷ δὲ καὶ Ἀτρεΐδης εὐρὺ κρείων Ἀγαμέμνων ἣν ἄτην ὅ τ᾽ ἄριστον Ἀχαιῶν οὐδὲν ἔτισεν.
prime occorrenze: μαίνομαι e μανία Il. V 184s. εἰ δ᾽ ὅ γ᾽ ἀνὴρ ὅν φημι δαΐφρων Τυδέος υἱὸς οὐχ ὅ γ᾽ ἄνευθε θεοῦ τάδε μαίνεται 185 Sol. fr. 10 W.2 δείξει δὴ μανίην μὲν ἐμὴν βαιὸς χρόνος ἀστοῖς, δείξει ἀληθείης ἐς μέσον ἐρχομένης.
prime occorrenze: λύσσα Il. IX 237-239 Ἕκτωρ δὲ μέγα σθένεϊ βλεμεαίνων μαίνεται ἐκπάγλως πίσυνος Διί, οὐδέ τι τίει ἀνέρας οὐδὲ θεούς· κρατερὴ δέ ἑ λύσσα δέδυκεν.
prime occorrenze: μωρία Aesop. 83 (3) Η.-Η. ἐν συνόδῳ ποτὲ τῶν ἀλόγων ζῴων ὠρχήσατο πίθηκος καὶ εὐδοκιμήσας βασιλεὺς ὑπ᾽ αὐτῶν ἐχειροτονήθη. ἀλώπηξ δ᾽ αὐτῷ φθονήσασα ὡς ἔν τινι παγίδι κρέας ἐθεάσατο, τὸν πίθηκον λαβοῦσα ἐνταῦθα ἤγαγεν, ὡς εὕροι μὲν αὐτὴ λέγουσα θησαυρὸν τοῦτον, μὴ μέντοι καὶ χρήσασθαι αὐτῷ· τῷ βασιλεῖ γὰρ τοῦτον ὁ νόμος δίδωσι. καὶ προὐτρέπετο αὐτόν, ἅτε δὴ βασιλέα, τὸν θησαυρὸν ἀνελέσθαι. ὁ δ᾽ ἀπερισκέπτως προσελθὼν καὶ συλληφθεὶς ὑπὸ τῆς παγίδος ὡς ἐξαπατήσασαν ἐμέμφετο τὴν ἀλώπεκα. ἡ δὲ πρὸς αὐτόν· “ὦ πίθηκε, τοιαύτην σὺ μωρίαν ἔχων τῶν ἀλόγων βασιλεύσεις;”. ὁ μῦθος δηλοῖ, ὅτι οἱ πράξεσίν τισιν ἀπερισκέπτως ἐπιχειροῦντες δυστυχήμασι περιπίπτουσι.
prime occorrenze δαίμων Il. I 221s. ἣ δ᾽ Οὔλυμπον δὲ βεβήκει δώματ᾽ ἐς αἰγιόχοιο Διὸς μετὰ δαίμονας ἄλλους.
prime occorrenze: οἶστρος Od. XXII 299-301 οἱ δ᾽ ἐφέβοντο κατὰ μέγαρον βόες ὣς ἀγελαῖαι· τὰς μέν τ᾽ αἰόλος οἶστρος ἐφορμηθεὶς ἐδόνησεν 300 ὥρῃ ἐν εἰαρινῇ, ὅτε τ᾽ ἤματα μακρὰ πέλονται·
ἄτη, μανία, λύσσα, μωρία, δαίμων, οἶστρος e definizioni GI3 1638 (e 1637) (οἶστρος) DGE 586s. (ἄτη) LSJ9 1158s. (μωρία) ThGL VI 449s. (λύσσα) Chantraine, DELG 658 (μαίνομαι) Beekes, EDG 297 (δαίμων)
follie, demoni, impulsi errore, sviamento, nocumento, accecamento un moto della mente e dell’animo rabbia lupesca, rapina, ostilità scipitezza, stupidità, bestialità il divino cui non si vuole o non si può dare nome impulso, attacco, slancio, tafano la sfera delle passioni in movimento la sfera dell’irrazionalità
ILIADE
Iliade XIX 78-144 [1] ἐγὼ δ᾽ οὐκ αἴτιός εἰμι, ἀλλὰ Ζεὺς καὶ Μοῖρα καὶ ἠεροφοῖτις Ἐρινύς, οἵ τέ μοι εἰν ἀγορῇ φρεσὶν ἔμβαλον ἄγριον ἄτην, ἤματι τῷ ὅτ᾽ Ἀχιλλῆος γέρας αὐτὸς ἀπηύρων. ἀλλὰ τί κεν ῥέξαιμι; θεὸς διὰ πάντα τελευτᾷ. 90 πρέσβα Διὸς θυγάτηρ Ἄτη, ἣ πάντας ἀᾶται, οὐλομένη· τῇ μέν θ᾽ ἁπαλοὶ πόδες· οὐ γὰρ ἐπ᾽ οὔδει πίλναται, ἀλλ᾽ ἄρα ἥ γε κατ᾽ ἀνδρῶν κράατα βαίνει βλάπτουσ᾽ ἀνθρώπους· κατὰ δ᾽ οὖν ἕτερόν γε πέδησε. καὶ γὰρ δή νύ ποτε Ζεὺς ἄσατο, τόν περ ἄριστον 95 ἀνδρῶν ἠδὲ θεῶν φασ᾽ ἔμμεναι· ... Ζεὺς δ᾽ οὔ τι δολοφροσύνην ἐνόησεν, ἀλλ᾽ ὄμοσεν μέγαν ὅρκον, ἔπειτα δὲ πολλὸν ἀάσθη.
Iliade XIX 78-144 [2] αὐτίκα δ᾽ εἷλ᾽ Ἄτην κεφαλῆς λιπαροπλοκάμοιο χωόμενος φρεσὶν ᾗσι, καὶ ὤμοσε καρτερὸν ὅρκον μή ποτ᾽ ἐς Οὔλυμπόν τε καὶ οὐρανὸν ἀστερόεντα αὖτις ἐλεύσεσθαι Ἄτην, ἣ πάντας ἀᾶται. ὣς εἰπὼν ἔρριψεν ἀπ᾽ οὐρανοῦ ἀστερόεντος 130 χειρὶ περιστρέψας· τάχα δ᾽ ἵκετο ἔργ᾽ ἀνθρώπων. ... οὐ δυνάμην λελαθέσθ᾽ Ἄτης ᾗ πρῶτον ἀάσθην. ἀλλ᾽ ἐπεὶ ἀασάμην καί μευ φρένας ἐξέλετο Ζεύς, ἂψ ἐθέλω ἀρέσαι, δόμεναί τ᾽ ἀπερείσι᾽ ἄποινα·
“Ate mi ha accecato” il discorso di Agamennone e la pacificazione follia e responsabilità individuale gli dèi (Zeus, Moira, Erinni) e l’Ate Ate e apate: l’inganno di Era e la follia di Zeus il giuramento (folle) la storia di Eracle (epos nell’epos) follia, gelosia, potere la rapina e la restituzione
Lingue letterarie e lingue parlate Il greco (tranne, parzialmente, glosse e iscrizioni, che peraltro sono ‘formalizzate’) è per noi una lingua letteraria (ma ciò, come sempre avviene per le lingue antiche, è dovuto anche al processo della tradizione). Il complesso dei linguisti e il sospetto verso le lingue letterarie: l’esempio del latino da Augusto al Rinascimento (o al Concilio Vaticano II) e del sanscrito, il divaricarsi dei piani. Le lingue letterarie come forme ‘normalizzate’ del parlato e come insiemi compatti di regole fissate e codificate, e le lingue parlate come incerti oggetti di ricerca (quale lingua parlata? quali atlanti linguistici?). L’importanza, anche modellizzante, delle lingue letterarie (es. il gotico di Ulfila, lo slavo o slavone di Salonicco di Cirillo e Metodio, l’armeno dei primi traduttori biblici, l’arabo del Corano) e le lingue comuni in nuce (es. di Dante, Petrarca e Boccaccio). Νon di rado una lingua letteraria diventa lingua comune.
Dal parlato alla ‘letteratura’ Le lingue letterarie, come anche le lingue religiose, sono un tipo particolare di lingue ‘speciali’ o ‘tecniche’. Parlate locali (ogni gruppo locale ha la sua) e parlate speciali (gruppi professionali, esercito, sport). Il carattere esoterico e ‘segreto’ delle lingue speciali, che le rende così difficili da studiare. I caratteri delle lingue speciali: il mantenimento della fonetica e del sistema grammaticale, e la differenziazione lessicale (il lessico ha una certa autonomia ed è più facilmente modificabile: per es. la lingua dei ragazzi); forestierismi, neologismi, slittamenti semantici.
Lingue letterarie religiose e profane Le lingue religiose: il passaggio dall’umano al divino e l’esigenza di discontinuità e di oscurità (terminologica e sintattica: l’es. di Ahura Mazdah); le Gatha, gli inni vedici, il Carmen fratrum Arvalium, l’Inno a Zeus dell’Agamennone di Eschilo. Il processo di laicizzazione delle lingue religiose: l’intervento di elementi esterni (i re stranieri in India) e il proselitismo (l’alfabeto gotico, slavo, armeno). Il processo di cristallizzazione e di irrigidimento indotto dalle lingue religiose divenute letterarie: la chiave di interpretazione della realtà e la meccanizzazione del pensiero. L’internazionalismo delle lingue letterarie. Le lingue letterarie di origine profana: thul islandesi, filé irlandesi, scop anglosassoni, chansons de gestes francesi.
Il greco come lingua profana Il diletto delle aristocrazie, le feste pubbliche, i ritrovi dei gruppi; la scarsa incidenza dell’elemento religioso sulla lingua e sulla letteratura elleniche. I caratteri delle lingue letterarie: arcaismo e dialettalismo (il dialetto diverso da quello su cui riposa la lingua corrente); differenze grammaticali (il passato remoto, il congiuntivo, …), fonetiche (gorod e grad in russo), lessicali (corsiero, affinché, concerne, sono a dirle, èspleta; l’esempio dei Cechi e dei Francesi: ordinateur e computer), di ordo verborum (le esigenze di autonomia e completezza delle frasi letterarie). Parlato (varietas e irregolarità grammaticale, monotonia nei tipi di frase e nel lessico) versus letterario (regolarità [monotonia] grammaticale, varietà nei tipi di frase e nel lessico).
ESIODO
Esiodo, Opere e giorni 127-142 [1] δεύτερον αὖτε γένος πολὺ χειρότερον μετόπισθεν ἀργύρεον ποίησαν Ὀλύμπια δώματ᾽ ἔχοντες, χρυσέῳ οὔτε φυὴν ἐναλίγκιον οὔτε νόημα· ἀλλ᾽ ἑκατὸν μὲν παῖς ἔτεα παρὰ μητέρι κεδνῇ 130 ἐτρέφετ᾽ ἀτάλλων, μέγα νήπιος, ᾧ ἐνὶ οἴκῳ· ἀλλ᾽ ὅτ᾽ ἄρ᾽ ἡβήσαι τε καὶ ἥβης μέτρον ἵκοιτο, παυρίδιον ζώεσκον ἐπὶ χρόνον, ἄλγε᾽ ἔχοντες ἀφραδίῃς· ὕβριν γὰρ ἀτάσθαλον οὐκ ἐδύναντο ἀλλήλων ἀπέχειν, οὐδ᾽ ἀθανάτους θεραπεύειν 135 ἤθελον οὐδ᾽ ἔρδειν μακάρων ἱεροῖς ἐπὶ βωμοῖς,
Esiodo, Opere e giorni 127-142 [2] ᾗ θέμις ἀνθρώποις κατὰ ἤθεα. τοὺς μὲν ἔπειτα Ζεὺς Κρονίδης ἔκρυψε χολούμενος, οὕνεκα τιμὰς οὐκ ἔδιδον μακάρεσσι θεοῖς οἳ Ὄλυμπον ἔχουσιν. αὐτὰρ ἐπεὶ καὶ τοῦτο γένος κατὰ γαῖα κάλυψε, 140 τοὶ μὲν ὑποχθόνιοι μάκαρες θνητοὶ καλέονται, δεύτεροι, ἀλλ᾽ ἔμπης τιμὴ καὶ τοῖσιν ὀπηδεῖ
L’età dell’argento la poesia esiodea e il mito delle razze il peggioramento e i cicli la lunga fanciullezza e la madre l’età adulta, della ragione, e il dolore la violenza inter homines la noncuranza del divino l’argentea secondarietà la beatitudine post mortem
La lingua di Omero? Il fantasma del testo di Omero: prima e dopo Alessandria. L’età prealessandrina: il sostrato acheo (arcadico-cipriota); il sostrato eolico (ma tessalico più che lesbico) e le differenti spiegazioni degli eolismi omerici; la fase ionica; l’edizione pisistratidea e l’atticizzazione (?); il μεταχαρακτη-ρισμός ionico del 403 (l’esempio di ΕΟΣ); edizioni κατ’ ἄνδρα e κατὰ πόλιν. L’età alessandrina e postalessandrina: il lavoro degli Alessandrini (Zenodoto, Aristofane di Bisanzio) e le edizioni ‘selvagge’ dei papiri; Aristarco e la sua scuola; l’erudizione ellenistica (Aristonico e Didimo, Erodiano e Nicanore: il commento dei quattro); il Venetus A e la tradizione medioevale. Il problema degli arcaismi: il testo come risultato di un continuo compromesso tra le esigenze della tradizione e della metrica da un lato e della modernizza-zione e dell’uditorio dall’altro. La fissazione del testo omerico risale a un’epoca in cui la pronuncia si era già differenziata rispetto a quella degli antichi aedi. Le differenze/oscillazioni (dovute al destinatario: Ioni, Eoli, ecc.) già nel testo antico.
Incoerenze omeriche L’azione del digamma (ϝ) ‘scoperto’ da Richard Bentley: a) i 350 casi in cui ϝ fa posizione nei tempi forti dell’esametro (ma non nei deboli). b) i migliaia (oltre 2000) di casi in cui ϝ evita lo iato. c) la consonante che si sta indebolendo (il passaggio da Omero a Esiodo). Il dativo plurale delle declinazioni tematiche: le forme antiche ‑οισι e ‑ῃσι (circa 3000) e le forme recenti ‑οις e ‑ῃς/‑αις (circa 100). Forme non contratte e forme contratte: a) il genitivo singolare: ‑οιο, ‑οο e ‑ου/‑ω. b) le contrazioni indebite (δείδοα ed ἠόα). c) il caso εἵως, ἕως, ἧος, εἷος, ἇ(ϝ)ος.
La παλαιὰ Ἰάς: diacronia e sincronia Le forme eoliche nelle iscrizioni ioniche di Chio, e le forme eoliche metricamente ‘protette’ (o metricamente ‘necessarie’). Il metro ionico. Il passaggio di ᾱ a η. I duali in ‑ᾱ, i gen. in ‑αο e in ‑άων, λαός / νηός. I nomi di Posidone e degli Ioni (pers. Yauna). Dativi plurali in ‑εσσι (ποσ(σί), Τρώεσσι) e aoristi in ‑σσ‑. Le forme dell’articolo plurale. Forme con nasali geminate e pronomi (e aggettivi) personali. Esiti di labiovelari (πίσυρες, πέλωρ, πέλομαι, βέρεθρον). Desinenze di infiniti (atem. -μεν, -μεναι, -ναι, tem. -εν, -μεν). I participi perfetti in ‑ντ‑ (κεκλήγοντες). Le varie forme delle preposizioni (πρός, ποτί, προτί). Le particelle modali: (οὐ) κεν e (οὐκ) ἄν. I nomina agentis: ‑τωρ/‑τηρ per i nomi semplici e ‑τᾱς/‑της per i composti (come in eolico). Il destinatario ionico e il sostrato eolico (l’Asia Minore ionicizzata).
Il carattere arcaico della lingua epica La presenza intermittente dell’aumento, non rintracciabile in alcun testo di prosa. L’autonomia degli avverbi, non ancora preposizioni o preverbi. L’alternanza di ‑σσ‑ con ‑σ‑: τόσσος e τόσος, μέσσος e μέσος, (ἐ)κάλεσσα ed (ἐ)κάλεσα. La progressiva scomparsa (non rivoluzionante) di alcune libertà e di alcune oscillazioni: la regolarizzazione linguistica del greco post-epico.
Una lingua letteraria e internazionale L’uso incoerente e ‘versificatorio’ del duale (ὄσσε, ὀφθαλμός). Il pubblico aristocratico e la corporazione internazionale degli aedi. I composti ‘letterarizzanti’ e termini peregrini (γλῶτται). Opera ‘aperta’, formularità, pensiero individuale e libero dei personaggi.
SOLONE
Sol. fr. 4 W.2 αὐτοὶ δὲ φθείρειν μεγάλην πόλιν ἀφραδίῃσιν 5 αὐτοὶ δὲ φθείρειν μεγάλην πόλιν ἀφραδίῃσιν 5 ἀστοὶ βούλονται χρήμασι πειθόμενοι, δήμου θ᾿ ἡγεμόνων ἄδικος νόος, οἷσιν ἑτοῖμον ὕβριος ἐκ μεγάλης ἄλγεα πολλὰ παθεῖν· οὐ γὰρ ἐπίστανται κατέχειν κόρον οὐδὲ παρούσας εὐφροσύνας κοσμεῖν δαιτὸς ἐν ἡσυχίῃ ... 10 Εὐνομίη δ᾿ εὔκοσμα καὶ ἄρτια πάντ᾿ ἀποφαίνει, καὶ θαμὰ τοῖς ἀδίκοις ἀμφιτίθησι πέδας· τραχέα λειαίνει, παύει κόρον, ὕβριν ἀμαυροῖ, αὑαίνει δ᾿ ἄτης ἄνθεα φυόμενα, 35 εὐθύνει δὲ δίκας σκολιάς, ὑπερήφανά τ᾿ ἔργα πραύ̈νει· παύει δ᾿ ἔργα διχοστασίης, παύει δ᾿ ἀργαλέης ἔριδος χόλον, ἔστι δ᾿ ὑπ᾿ αὐτῆς πάντα κατ᾿ ἀνθρώπους ἄρτια καὶ πινυτά.
follia politica l’Atene di inizio-VI sec. e le fazioni i cittadini e i capi del popolo l’“ingiusta mente” denaro, ὕβρις, κόρος, ἄτη il non rispetto degli dèi e di Δίκη: la τίσις eterie, guerra civile, povertà, esilio la funzione conciliatoria dell’Εὐνομίη ἄρτια καὶ πινυτά: la conservazione ‘moderna’
IPPONATTE
Ipponatte, fr. 39 Dg.2 Μιμνῆ κατωμόχανε, μηκέτι γράψῃς ὄφιν τριήρεος ἐν πολυζύγῳ τοίχῳ ἀπ᾿ ἐμβόλου φεύγοντα πρὸς κυβερνήτην· αὕτη γάρ ἐστι συμφορή τε καὶ κληδών, νικύρτα καὶ σάβαννι, τῷ κυβερνήτῃ, 5 ἢν αὐτὸν ὄφις τὠντικνήμιον δάκῃ.
Insultare lo stupido Ipponatte, l’aristocrazia, i tiranni, la nuova borghesia l’artigianato urbano l’homo novus cretino i costumi sessuali e l’insulto politically incorrect la jella (contro cui non ci si difende) lo slang il morso della satira dalla pazzia all’idiozia
L’invenzione dell’articolo La formazione (autoctona soltanto in Grecia) dei concetti scientifici e la lingua come mezzo di conoscenza: le premesse linguistiche della scienza e la selezione degli elementi linguistici necessari all’elaborazione teorica. La fissazione dell’universale in forma determinata e il processo di astrazione (nomi propri [l’individuale], nomi comuni [il generale: classificazione, generalizzazione e prima conoscenza], astratti [mere astrazioni senza plurale; ‘nomi mitici’-personificazioni e metafore: antropomorfizzare l’incorporeo]): l’invenzione dell’articolo e la sostantivazione dell’aggettivo e delle forme verbali. Funzioni dell’articolo: determinare l’immateriale, porlo come universale, determinare singolarmente l’universale (farne cioè un nome astratto, comune e proprio a un tempo). L’uso particolare, determinato (“questo qui”), dell’articolo omerico (ed esiodico): il valore dimostrativo e l’assenza degli articoli veri e propri; il valore oppositivo (“questi … quelli”); il valore anaforico (“Odisseo … lui”); il valore ‘connettivo-relativo’ (“e quelle …”); il valore prolettico (“questo: ...”); il valore dimostrativo-apposizionale (“quella, l’isola”); il valore individualizzante (“tutte quelle altre volte”); il valore enfatico (“questo tuo dono”). La prima comparsa della prosa e la presenza dell’articolo (a eccezione delle iscrizioni cipriote e di quelle panfilie, che lo presentano assai di rado): il valore determinativo; il valore di rinvio e riferimento; il valore di opposizione; l’interposizione e la creazione del gruppo del sostantivo; la sostantivazione di qualsiasi elemento della frase e l’algebra linguistica; «un processo privo di ogni valore affettivo ma comodo per l’esposizione delle idee, e di un’agilità e varietà che non hanno riscontro nella prosa di nessun’altra lingua indoeuropea» (A. Meillet).
SAFFO
Saffo, fr. 10 N. ἀλλ’ ἄϊ θρύλησθα Χάραξον ἔλθην 5 ἀλλ’ ἄϊ θρύλησθα Χάραξον ἔλθην 5 νᾶϊ σὺν πλήᾳ. τὰ μὲν οἴομαι Ζεῦς οἶδε σύμπαντές τε θέοι· σὲ δ’ οὐ χρῆ ταῦτα νόησθαι, ... κἄμμες, αἴ κε τὰν κεφάλαν ἀέρρη Λάριχος καὶ δή ποτ’ ἄνηρ γένηται, καὶ μάλ’ ἐκ πόλλαν βαρυθυμίαν κεν αἶψα λύθειμεν.
equilibri familiari la ‘nuovissima’ Saffo e i carmi di famiglia l’ansia, la follia, la chiacchiera vuota la pietas e la preghiera le tempeste della vita e la liberazione l’‘alzare la testa’ da νήπιος ad ἀνήρ la liberazione dall’angoscia
IBICO
Ibico, PMGF 286 ἦρι μὲν αἵ τε Κυδώνιαι μηλίδες ἀρδόμεναι ῥοᾶν ἐκ ποταμῶν, ἵνα Παρθένων κῆπος ἀκήρατος, αἵ τ᾿ οἰνανθίδες αὐξόμεναι σκιεροῖσιν ὑφ᾿ ἕρνεσιν 5 οἰναρέοις θαλέθοισιν· ἐμοὶ δ᾿ ἔρος οὐδεμίαν κατάκοιτος ὥραν. †τε† ὑπὸ στεροπᾶς φλέγων Θρηίκιος Βορέας ἀΐσσων παρὰ Κύπριδος ἀζαλέ- 10 αις μανίαισιν ἐρεμνὸς ἀθαμβὴς ἐγκρατέως πεδόθεν φυλάσσει ἡμετέρας φρένας.
follie amorose il locus amoenus e l’irruzione della follia amorosa la mancanza di quiete la folgore e il vento Eros e Cipride le brucianti, torride follie il colore scuro della pazzia l’impassibilità della guardia carceraria il cuore ‘chiuso a chiave’
PINDARO
Pindaro, Olimpiche 1,35-66 ἔστι δ᾽ ἀνδρὶ φάμεν ἐοικὸς ἀμφὶ δαι- 35 ἔστι δ᾽ ἀνδρὶ φάμεν ἐοικὸς ἀμφὶ δαι- 35 μόνων καλά· μείων γὰρ αἰτία. ... ἐμοὶ δ᾽ ἄπορα γαστρίμαρ- γον μακάρων τιν᾽ εἰπεῖν· ἀφίσταμαι· ἀκέρδεια λέλογχεν θαμινὰ κακαγόρους. εἰ δὲ δή τιν᾽ ἄνδρα θνατὸν Ὀλύμπου σκοποὶ ἐτίμασαν, ἦν Τάνταλος οὗτος· ἀλ- λὰ γὰρ καταπέψαι 55 μέγαν ὄλβον οὐκ ἐδυνάσθη, κόρῳ δ᾽ ἕλεν ἄταν ὑπέροπλον, ἅν οἱ πατὴρ ὕπερ κρέμασε καρτερὸν αὐτῷ λίθον, 57b τὸν αἰεὶ μενοινῶν κεφαλᾶς βαλεῖν εὐφροσύνας ἀλᾶται.
la pazzia di Tantalo la festa ‘privata’, simposiale, di Ierone maldicenza ed empietà poetica: il disclaimer la poesia, gli dèi, il guadagno ὄλβος, κόρος, ἄτη, τίσις la pena eterna: un mito di separazione il vagare: la condizione del pazzo la punizione con fatica e lavoro speranza, fallimento, limite
Le lingue dei lirici I dativi plurali in ‑οις, ‑αις (strum. ai. ‑aih, ir. ‑aiš. lit. ‑ais) e in ‑οισι, ‑αισι/‑ῃσι (loc. ‑su in indoiranico e baltosla-vo): ‑οισι in ionico, ‑οις nei dialetti dorico-occidentali (eccezioni in argivo, corinzio, laconico), ‑οισι (agg. e sost.) e ‑οις (dim.) nel lesbico, le oscillazioni dell’attico e delle lingue letterarie (la tragedia, la commedia di Epicarmo, i poeti lirici). L’uso intermittente, arcaico (ábharat e bhárat) e omerico, dell’aumento: libero nella lirica corale e in quella eolica, costante (tranne omeriche eccezioni) in quella ionica. L’uso intermittente, ‘poetico’, dell’articolo (raro negli elegiaci, nella lirica monodica e corale, più frequente nel giambo, come poi nella commedia e nella prosa). L’iperbato e l’ordo verborum artificiale.
I generi della lirica Il fondo ionico (κότ’, κως, etc.) e gli epicismi dell’elegia: ionicismi (o atticismi: δορί?) non epici (la progressiva riduzione) ed epicismi non ionici (il progressivo incremento). L’epigramma dalla dialettizzazione alla maggiore letterarietà (fine IV sec.). Il verso popolare (con paralleli nel vedico) e lo ionico corrente (cólto, non parlato: la lingua delle iscrizioni) del giambo (forme contratte, crasi, declinazione ‘attica’, termini volgari, la riduzione degli epicismi non ionici). L’incomparabile lirica eolica (in mancanza di una prosa eolica e di una lirica corale epicorica; il limitato apporto delle iscrizioni: fonetica e morfologia, non lessico) e beotica (Corinna), i metri ‘innodici’ indoeuropei, il lessico e lo stile semplici; la lingua delle persone cólte contemporanee (tranne la rarità dell’articolo e delle forme contratte): eolico nei lesbici, ionico in Anacreonte, beotico in Corinna. La lirica corale: il ‘dorico’ di poeti non dorici; composizioni corali per feste religiose pubbliche e successiva laicizzazione; l’ᾱ, gli infiniti in ‑μεν, gen. in ‑ᾶν e dat. in ‑εσσι, la mancanza di aoristi in ‑ξα e di ‘futuri dorici’, la rarità di ϝ (tranne che in Alcmane e in Pindaro: la confusione ϝ/γ nei codici), l’alternanza σύ/τύ, la presenza di ἄν e κε(ν), Μῶσα e Μοῖσα, i gen. in ‑οιο, κῆρ > κέαρ, i composti e la lingua solenne.
ESCHILO
Eschilo, Agamennone 205-257 παυσανέμου γὰρ θυσίας παρθενίου θ᾽ αἵματος ὀργᾷ 215 περιόργως ἐπιθυμεῖν θέμις. εὖ γὰρ εἴη”. ἐπεὶ δ᾽ ἀνάγκας ἔδυ λέπαδνον στρ. ε φρενὸς πνέων δυσσεβῆ τροπαίαν ἄναγνον, ἀνίερον, τόθεν 220 τὸ παντότολμον φρονεῖν μετέγνω. βροτοὺς θρασύνει γὰρ αἰσχρόμητις τάλαινα παρακοπὰ πρωτοπήμων ... τέχναι δὲ Κάλχαντος οὐκ ἄκραντοι. Δίκα δὲ τοῖς μὲν παθοῦ- 250 σιν μαθεῖν ἐπιρρέπει· τὸ μέλλον ἐπεὶ γένοιτ᾽ ἂν κλύοις· πρὸ χαιρέτω·
la scelta di Agamennone il sacrificio di Ifigenia e la situazione tragica il μίασμα e la diserzione περιόργως ἐπιθυμεῖν l’ἀνάγκας λέπαδνον e la φρενὸς τροπαία il παντότολμον φρονεῖν l’αἰσχρόμητις τάλαινα παρακοπὰ πρωτοπήμων i neutri impersonali e la follia del potere militare il πάθει μάθος e la legge di Δίκη
SOFOCLE
Sofocle, Aiace 13-133 [1] ΟΔΥΣΣΕΥΣ ὦ φθέγμ᾽ Ἀθάνας, φιλτάτης ἐμοὶ θεῶν, ὡς εὐμαθές σου, κἂν ἄποπτος ᾖς, ὅμως 15 φώνημ᾽ ἀκούω καὶ ξυναρπάζω φρενί ... νυκτὸς γὰρ ἡμᾶς τῆσδε πρᾶγος ἄσκοπον ἔχει περάνας, —εἴπερ εἴργασται τάδε· ἴσμεν γὰρ οὐδὲν τρανές, ἀλλ᾽ ἀλώμεθα ... καί μοί τις ὀπτὴρ αὐτὸν εἰσιδὼν μόνον πηδῶντα πεδία σὺν νεορράντῳ ξίφει 30 φράζει τε κἀδήλωσεν ... ΟΔ. καὶ πρὸς τί δυσλόγιστον ὧδ᾽ ᾖξεν χέρα; 40 ΑΘ. χόλῳ βαρυνθεὶς τῶν Ἀχιλλείων ὅπλων ... ΟΔ. ποίαισι τόλμαις ταῖσδε καὶ φρενῶν θράσει; ... ΑΘ. ἐγώ σφ᾽ ἀπείργω, δυσφόρους ἐπ᾽ ὄμμασι
Sofocle, Aiace 13-133 [2] γνώμας βαλοῦσα τῆς ἀνηκέστου χαρᾶς ... ἐγὼ δὲ φοιτῶντ᾽ ἄνδρα μανιάσιν νόσοις ὤτρυνον, εἰσέβαλλον εἰς ἕρκη κακά ... 60 δείξω δὲ καὶ σοὶ τήνδε περιφανῆ νόσον, ὡς πᾶσιν Ἀργείοισιν εἰσιδὼν θροῇς. θαρσῶν δὲ μίμνε μηδὲ συμφορὰν δέχου τὸν ἄνδρ᾽· ἐγὼ γὰρ ὀμμάτων ἀποστρόφους αὐγὰς ἀπείρξω σὴν πρόσοψιν εἰσιδεῖν ... 70 ΟΔ. τί δρᾷς, Ἀθάνα; μηδαμῶς σφ᾽ ἔξω κάλει. ΑΘ. οὐ σῖγ᾽ ἀνέξῃ, μηδὲ δειλίαν ἀρῇ; 75 ΟΔ. μή, πρὸς θεῶν· ἀλλ᾽ ἔνδον ἀρκείτω μένων. ΑΘ. τί μὴ γένηται; πρόσθεν οὐκ ἀνὴρ ὅδ᾽ ἦν; ΟΔ. ἐχθρός γε τῷδε τἀνδρὶ καὶ τανῦν ἔτι.
Sofocle, Aiace 13-133 [3] ΑΘ. οὔκουν γέλως ἥδιστος εἰς ἐχθροὺς γελᾶν; ΑΘ. οὔκουν γέλως ἥδιστος εἰς ἐχθροὺς γελᾶν; ΟΔ. ἐμοὶ μὲν ἀρκεῖ τοῦτον ἐν δόμοις μένειν. 80 ΑΘ. μεμηνότ᾽ ἄνδρα περιφανῶς ὀκνεῖς ἰδεῖν; ΟΔ. φρονοῦντα γάρ νιν οὐκ ἂν ἐξέστην ὄκνῳ ... ΑΙΑΣ ὦ χαῖρ᾽, Ἀθάνα, χαῖρε, Διογενὲς τέκνον, ὡς εὖ παρέστης· καί σε παγχρύσοις ἐγὼ στέψω λαφύροις τῆσδε τῆς ἄγρας χάριν ... ΑΘ. ὁρᾷς, Ὀδυσσεῦ, τὴν θεῶν ἰσχὺν ὅση; τούτου τίς ἄν σοι τἀνδρὸς ἢ προνούστερος ἢ δρᾶν ἀμείνων ηὑρέθη τὰ καίρια; 120
Sofocle, Aiace 13-133 [4] ΟΔ. ἐγὼ μὲν οὐδέν᾽ οἶδ᾽· ἐποικτίρω δέ νιν ΟΔ. ἐγὼ μὲν οὐδέν᾽ οἶδ᾽· ἐποικτίρω δέ νιν δύστηνον ἔμπας, καίπερ ὄντα δυσμενῆ, ὁθούνεκ᾽ ἄτῃ συγκατέζευκται κακῇ, οὐδὲν τὸ τούτου μᾶλλον ἢ τοὐμὸν σκοπῶν. ὁρῶ γὰρ ἡμᾶς οὐδὲν ὄντας ἄλλο πλὴν 125 εἴδωλ᾽, ὅσοιπερ ζῶμεν, ἢ κούφην σκιάν. ΑΘ. τοιαῦτα τοίνυν εἰσορῶν ὑπέρκοπον μηδέν ποτ᾽ εἴπῃς αὐτὸς ἐς θεοὺς ἔπος, μηδ᾽ ὄγκον ἄρῃ μηδέν᾽, εἴ τινος πλέον ἢ χειρὶ βρίθεις ἢ μακροῦ πλούτου βάθει· 130 ὡς ἡμέρα κλίνει τε κἀνάγει πάλιν ἅπαντα τἀνθρώπεια· τοὺς δὲ σώφρονας θεοὶ φιλοῦσι καὶ στυγοῦσι τοὺς κακούς.
esibire la follia il giudizio delle armi e la follia di Aiace l’ingiustizia e la rovina strage e distruzione di sé: la legge della violenza lo spettacolo osceno della pazzia la paura del pazzo l’ironia e il dialogo ‘corrotto’ la condizione di tutti gli uomini misura e rispetto del limite: la dea della ragione
Il teatro: festa religiosa e laica Le maschere da armamentario cultuale a istituto letterario e mezzo di rappresentazione. Lo scenario (il teatro di Dioniso), il pubblico (l’intera polis) e la formalizzazione. La commistione di generi poetici non attici: il genere lirico religioso dorico e quello lirico narrativo ionico. Dalla lirica corale alla tragedia: il coro, il canto ‘a solo’, il parlato-recitato (l’attività di Arione di Metimna a Corinto e l’origine dorico-corinzia?).
Commistione linguistica nella tragedia I cori: i metri e la lingua lirici, l’ᾱ, le ultime tracce del ‘sacro’ (le oscillazioni testuali e il problema della tradizione linguistica dei testi scenici). Il parlato giambo-trocaico, la lingua di Atene e gli ionismi letterarizzanti: la grammatica attica; α ed η attici; la sporadicità del duale; σσ (non ττ) e ρσ (non ρρ) e gli iperionismi (πυρσός); forme ioniche letterarie (ὄπωπα per ἐόρακα, δούρατος e δορός per δόρατος, γῆθεν, -οισι/-ησι). La volontà di distaccarsi dall’attico quotidiano e di ‘alzare il tono’: gli omerismi (forme non contratte, lunghe ει e ου per ε e ο, des. in ‑οιο ed ‑εσσι, forme pronominali e articolo-relativo, diverse forme verbali, comp. ἀρείων e βέλτερος, preposizioni, congiunzioni e particelle) e il gioco dei verbi composti (e dei preverbi ‘esaustivi’); la glossa in luogo del nome comune; occidentalismi (nel coro e nel dialogo: dal coro al dialogo o da Corinto ad Atene? Metricismi, poetismi, tecnicismi, ᾱ originari); ionismi non omerici (e.g. κεῖνος, ἱστορέω, φερνή, ἀγρεύω, Θρῇξ, πρευμενής, αἰών ‘vita’).
EURIPIDE
Euripide, Eracle 822-842, 922-1015 [1] ΙΡΙΣ θαρσεῖτε Νυκτὸς τήνδ᾽ ὁρῶντες ἔκγονον Λύσσαν, γέροντες, κἀμὲ τὴν θεῶν λάτριν Ἶριν· πόλει γὰρ οὐδὲν ἥκομεν βλάβος, ἑνὸς δ᾽ ἐπ᾽ ἀνδρὸς δώματα στρατεύομεν, 825 ὅν φασιν εἶναι Ζηνὸς Ἀλκμήνης τ᾽ ἄπο ... ἀλλ᾽ εἶ᾽ ἄτεγκτον συλλαβοῦσα καρδίαν, Νυκτὸς κελαινῆς ἀνυμέναιε παρθένε, μανίας τ᾽ ἐπ᾽ ἀνδρὶ τῷδε καὶ παιδοκτόνους 835 φρενῶν ταραγμοὺς καὶ ποδῶν σκιρτήματα ἔλαυνε κίνει, φόνιον ἐξίει κάλων, ὡς ἂν πορεύσας δι᾽ Ἀχερούσιον πόρον τὸν καλλίπαιδα στέφανον αὐθέντῃ φόνῳ γνῷ μὲν τὸν ῞Ηρας οἷός ἐστ᾽ αὐτῷ χόλος, 840
Euripide, Eracle 822-842, 922-1015 [2] μάθῃ δὲ τὸν ἐμόν· ἢ θεοὶ μὲν οὐδαμοῦ, τὰ θνητὰ δ᾽ ἔσται μεγάλα, μὴ δόντος δίκην ... μέλλων δὲ δαλὸν χειρὶ δεξιᾷ φέρειν, ἐς χέρνιβ᾽ ὡς βάψειεν, Ἀλκμήνης τόκος ἔστη σιωπῇ. καὶ χρονίζοντος πατρὸς 930 παῖδες προσέσχον ὄμμ᾽· ὁ δ᾽ οὐκέθ᾽ αὑτὸς ἦν, ἀλλ᾽ ἐν στροφαῖσιν ὀμμάτων ἐφθαρμένος ῥίζας τ᾽ ἐν ὄσσοις αἱματῶπας ἐκβαλὼν ἀφρὸν κατέσταζ᾽ εὔτριχος γενειάδος. ἔλεξε δ᾽ ἅμα γέλωτι παραπεπληγμένῳ ... 935 διπλοῦς δ᾽ ὀπαδοῖς ἦν γέλως φόβος θ᾽ ὁμοῦ, 950 καί τις τόδ᾽ εἶπεν, ἄλλος εἰς ἄλλον δρακών· “παίζει πρὸς ἡμᾶς δεσπότης ἢ μαίνεται;”...
Euripide, Eracle 822-842, 922-1015 [3] πατὴρ δέ νιν θιγὼν κραταιᾶς χειρὸς ἐννέπει τάδε· “ὦ παῖ, τί πάσχεις; τίς ὁ τρόπος ξενώσεως 965 τῆσδ᾽; οὔ τί που φόνος σ᾽ ἐβάκχευσεν νεκρῶν οὓς ἄρτι καίνεις;” ... βοᾷ δὲ μήτηρ· “ὦ τεκών, τί δρᾷς; τέκνα 975 κτείνεις;”. βοᾷ δὲ πρέσβυς οἰκετῶν τ᾽ ὄχλος ... φθάνει δ᾽ ὁ τλήμων γόνασι προσπεσὼν πατρὸς καὶ πρὸς γένειον χεῖρα καὶ δέρην βαλὼν “ὦ φίλτατ᾽”, αὐδᾷ, “μή μ᾽ ἀποκτείνῃς, πάτερ· σός εἰμι, σὸς παῖς· οὐ τὸν Εὐρυσθέως ὀλεῖς”. ὁ δ᾽ ἀγριωπὸν ὄμμα Γοργόνος στρέφων, 990 ὡς ἐντὸς ἔστη παῖς λυγροῦ τοξεύματος μυδροκτύπον μίμημ᾽ ὑπὲρ κάρα βαλὼν
Euripide, Eracle 822-842, 922-1015 [4] ξύλον καθῆκε παιδὸς ἐς ξανθὸν κάρα, ἔρρηξε δ᾽ ὀστᾶ ... ἀλλ᾽ ἦλθεν εἰκών, ὡς ὁρᾶν ἐφαίνετο Παλλάς, κραδαίνουσ᾽ ἔγχος †ἐπὶ λόφω κέαρ†, κἄρριψε πέτρον στέρνον εἰς Ἡρακλέους, ὅς νιν φόνου μαργῶντος ἔσχε κἀς ὕπνον 1005 καθῆκε· πίτνει δ᾽ ἐς πέδον πρὸς κίονα νῶτον πατάξας, ὃς πεσήμασι στέγης διχορραγὴς ἔκειτο κρηπίδων ἔπι ... εὕδει δ᾽ ὁ τλήμων ὕπνον οὐκ εὐδαίμονα παῖδας φονεύσας καὶ δάμαρτ᾽. ἐγὼ μὲν οὖν οὐκ οἶδα θνητῶν ὅστις ἀθλιώτερος. 1015
la strage dei propri cari il ritorno di Eracle e la quiete domestica l’odio di Era e di Iris per il ‘semi-dio’ il rito interrotto e l’insorgere del furore il riso e il terrore gli affetti familiari e l’occhio della Gorgone gli urli, i pianti, la strage l’intervento della dea della ragione strage e sonno (infelice): la sventura umana
La cultura ‘di tipo ateniese’ La commistione stilizzata di tutte le espressioni letterarie precedenti. La lirica discorsiva e narrativa ionica e la lirica religiosa dorica. Il carattere interdialettale e tendenzialmente ‘imperialista’ della letteratura ateniese. La preparazione di una nuova lingua comune (che però sarà creata dalla filosofia, dalla scienza e dalla storiografia più che dalla poesia).
ARISTOFANE
Aristofane, Pluto 507-549 [1] ΠΕΝΙΑ ἀλλ᾽, ὦ πάντων ῥᾷστ᾽ ἀνθρώπων ἀναπεισθέντ᾽ οὐχ ὑγιαίνειν δύο πρεσβύτα, ξυνθιασώτα τοῦ ληρεῖν καὶ παραπαίειν, εἰ τοῦτο γένοιθ᾽ ὃ ποθεῖθ᾽ ὑμεῖς, οὔ φημ᾽ ἂν λυσιτελεῖν σφῷν. εἰ γὰρ ὁ Πλοῦτος βλέψειε πάλιν διανείμειέν τ᾽ ἴσον αὑτόν, 510 οὔτε τέχνην ἂν τῶν ἀνθρώπων οὔτ᾽ ἂν σοφίαν μελετῴη οὐδείς· ἀμφοῖν δ᾽ ὑμῖν τούτοιν ἀφανισθέντοιν ἐθελήσει τίς χαλκεύειν ἢ ναυπηγεῖν ἢ ῥάπτειν ἢ τροχοποιεῖν, ἢ σκυτοτομεῖν ἢ πλινθουργεῖν ἢ πλύνειν ἢ σκυλοδεψεῖν, ἢ γῆς ἀρότροις ῥήξας δάπεδον καρπὸν Δηοῦς θερίσασθαι, 515 ἢν ἐξῇ ζῆν ἀργοῖς ὑμῖν τούτων πάντων ἀμελοῦσιν; ΧΡ. λῆρον ληρεῖς. ταῦτα γὰρ ἡμῖν πάνθ᾽ ὅσα νυνδὴ κατέλεξας οἱ θεράποντες μοχθήσουσιν. ΠΕ. πόθεν οὖν ἕξεις θεράποντας; ΧΡ. ὠνησόμεθ᾽ ἀργυρίου δήπου. ΠΕ. τίς δ᾽ ἔσται πρῶτον ὁ πωλῶν, ὅταν ἀργύριον κἀκεῖνος ἔχῃ; ΧΡ. κερδαίνειν βουλόμενός τις 520 ἔμπορος ἥκων ἐκ Θετταλίας παρ᾽ ἀπλήστων ἀνδραποδιστῶν.
Aristofane, Pluto 507-549 [2] ΠΕ. ἀλλ᾽ οὐδ᾽ ἔσται πρῶτον ἁπάντων οὐδεὶς οὐδ᾽ ἀνδραποδιστὴς κατὰ τὸν λόγον ὃν σὺ λέγεις δήπου. τίς γὰρ πλουτῶν ἐθελήσει κινδυνεύων περὶ τῆς ψυχῆς τῆς αὑτοῦ τοῦτο ποῆσαι; ὥστ᾽ αὐτὸς ἀροῦν ἐπαναγκασθεὶς καὶ σκάπτειν τἄλλα τε μοχθεῖν 525 ὀδυνηρότερον τρίψεις βίοτον πολὺ τοῦ νῦν. ΧΡ. ἐς κεφαλὴν σοί. ΠΕ. ἔτι δ᾽ οὐχ ἕξεις οὔτ᾽ ἐν κλίνῃ καταδαρθεῖν — οὐ γὰρ ἔσονται — οὔτ᾽ ἐν δάπισιν — τίς γὰρ ὑφαίνειν ἐθελήσει χρυσίου ὄντος; — οὔτε μύροισιν μυρίσαι στακτοῖς ὁπόταν νύμφην ἀγάγησθον, οὔθ᾽ ἱματίων βαπτῶν δαπάναις κοσμῆσαι ποικιλομόρφων. 530 καίτοι τί πλέον πλουτεῖν ἐστιν τούτων πάντων ἀποροῦντα; παρ᾽ ἐμοῦ δ᾽ ἐστὶν ταῦτ᾽ εὔπορα πάνθ᾽ ὑμῖν ὧν δεῖσθον· ἐγὼ γὰρ τὸν χειροτέχνην ὥσπερ δέσποιν᾽ ἐπαναγκάζουσα κάθημαι διὰ τὴν χρείαν καὶ τὴν πενίαν ζητεῖν ὁπόθεν βίον ἕξει. ΧΡ. σὺ γὰρ ἂν πορίσαι τί δύναι᾽ ἀγαθὸν πλὴν φῴδων ἐκ βαλανείου 535 καὶ παιδαρίων ὑποπεινώντων καὶ γραϊδίων κολοσυρτόν; φθειρῶν τ᾽ ἀριθμὸν καὶ κωνώπων καὶ ψυλλῶν οὐδὲ λέγω σοι ὑπὸ τοῦ πλήθους, αἳ βομβοῦσαι περὶ τὴν κεφαλὴν ἀνιῶσιν, ἐπεγείρουσαι καὶ φράζουσαι· “πεινήσεις· ἀλλ᾽ ἐπανίστω”. πρὸς δέ γε τούτοις ἀνθ᾽ ἱματίου μὲν ἔχειν ῥάκος· ἀντὶ δὲ κλίνης 540
Aristofane, Pluto 507-549, 567-574 στιβάδα σχοίνων κόρεων μεστήν, ἣ τοὺς εὕδοντας ἐγείρει· καὶ φορμὸν ἔχειν ἀντὶ τάπητος σαπρόν· ἀντὶ δὲ προσκεφαλαίου λίθον εὐμεγέθη πρὸς τῇ κεφαλῇ· σιτεῖσθαι δ᾽ ἀντὶ μὲν ἄρτων μαλάχης πτόρθους, ἀντὶ δὲ μάζης φυλλεῖ᾽ ἰσχνῶν ῥαφανίδων, ἀντὶ δὲ θράνου στάμνου κεφαλὴν κατεαγότος, ἀντὶ δὲ μάκτρας 545 πιθάκνης πλευρὰν ἐρρωγυῖαν καὶ ταύτην· ἆρά γε πολλῶν ἀγαθῶν πᾶσιν τοῖς ἀνθρώποις ἀποφαίνω σ᾽ αἴτιον οὖσαν; ΠΕ. σὺ μὲν οὐ τὸν ἐμὸν βίον εἴρηκας, τὸν τῶν πτωχῶν δ᾽ ἐπεκρούσω. ΧΡ. οὔκουν δήπου τῆς πτωχείας πενίαν φαμὲν εἶναι ἀδελφήν; […] ΠΕ. σκέψαι τοίνυν ἐν ταῖς πόλεσιν τοὺς ῥήτορας, ὡς ὁπόταν μὲν ὦσι πένητες, περὶ τὸν δῆμον καὶ τὴν πόλιν εἰσὶ δίκαιοι, πλουτήσαντες δ᾽ ἀπὸ τῶν κοινῶν παραχρῆμ᾽ ἄδικοι γεγένηνται, ἐπιβουλεύουσί τε τῷ πλήθει καὶ τῷ δήμῳ πολεμοῦσιν. 570 ΧΡ. ἀλλ᾽ οὐ ψεύδει τούτων γ᾽ οὐδέν, καίπερ σφόδρα βάσκανος οὖσα. ἀτὰρ οὐχ ἧττόν γ᾽ οὐδὲν κλαύσει, — μηδὲν ταύτῃ γε κομήσῃς — ὁτιὴ ζητεῖς τοῦτ᾽ ἀναπείθειν ἡμᾶς, ὡς ἔστιν ἄμεινον πενία πλούτου. οὐ γὰρ πείσεις, οὐδ᾽ ἢν πείσῃς.
il genio inascoltabile di Penia il sogno-incubo di una Ricchezza che ci vede ricchezza, onestà, giustizia: la favola comica Cremilo, Trimalcione, la faccia di chi guarda i soldi Pluto: un vecchio malridotto l’onnipotenza cieca di Pluto la saggezza inascoltabile di Penia: due follie a confronto lo stimolo di ogni virtù, motore di vita e progresso sociale il valore strumentale la folle utopia del benessere di tutti la geniale prigione della ricchezza
Il ‘dramma’ siciliano e la commedia La misteriosa (l’assenza di opere intere fino a Teocrito e ad Archimede) ma influente (l’esempio delle monete del VI sec. a.C.) cultura siciliana e le origini doriche del dramma (δρᾶμα) La koine occidentale di tipo dorico: Epicarmo (il nome di un genere?) e Sofrone (la fortuna). I genitivi ἐμέος e τέος, ϝίσαμι (< ϝίσαντι), δεικνύειν (< δεικνύοντι), πεφύκειν, πέποσχα, il dat. pl. in ‑εσσι, κάρρων (per κρείσσων), ψιν, ψε (per σφιν, σφε) Le differenze dall’attico, la lingua naturale e ‘parlata’, i composti parodici, l’influsso della tragedia.
La commedia attica L’ateniese parlato e le differenze tra Aristofane e Menandro: i volgarismi. La grammatica attica (imperativi in ‑ο e in ‑σο, ἔδοσαν ed ἔδωκαν, futuri dorici e non, ἔμελλον ed ἤμελλον, comparativi in ‑ω e in ‑ονα, πλέον / πλεῖν / πλεῖον ἢ …), i cori e i composti paratragici (e paraepici e paralirici), gli ‘stranieri’ parlanti nei dialetti locali (le lingue diverse ma comunicanti), i metricismi (-οιατο, -μεσθα, etc.), Erfindungen comiche. La letteratura ateniese e panellenica.
ERODOTO
Erodoto, III 37s. [1] 37. ὁ μὲν δὴ τοιαῦτα πολλὰ ἐς Πέρσας τε καὶ τοὺς συμμάχους ἐξεμαίνετο, μένων ἐν Μέμφι καὶ θήκας τε παλαιὰς ἀνοίγων καὶ σκεπτόμενος τοὺς νεκρούς. ὣς δὲ δὴ καὶ ἐς τοῦ Ἡφαίστου τὸ ἱρὸν ἦλθε καὶ πολλὰ τῷ ἀγάλματι κατεγέλασε. ἔστι γὰρ τοῦ Ἡφαίστου τὤγαλμα τοῖσι Φοινικηίοισι Παταΐκοισι ἐμφερέστατον, τοὺς οἱ Φοίνικες ἐν τῇσι πρῴρῃσι τῶν τριηρέων περιάγουσι· ὃς δὲ τούτους μὴ ὄπωπε, ἐγὼ δέ <οἱ> σημανέω· πυγμαίου ἀνδρὸς μίμησίς ἐστι. ἐσῆλθε δὲ καὶ ἐς τῶν Καβείρων τὸ ἱρόν, ἐς τὸ οὐ θεμιτόν ἐστι ἐσιέναι ἄλλον γε ἢ τὸν ἱρέα· ταῦτα δὲ τὰ ἀγάλματα καὶ ἐνέπρησε πολλὰ κατασκώψας. ἔστι δὲ καὶ ταῦτα ὅμοια τοῖσι τοῦ Ἡφαίστου· τούτου δέ σφεας παῖδας λέγουσι εἶναι.
Erodoto, III 37s. [2] 38. πανταχῇ ὦν μοι δῆλά ἐστι ὅτι ἐμάνη μεγάλως ὁ Καμβύσης· οὐ γὰρ ἂν ἱροῖσί τε καὶ νομαίοισι ἐπεχείρησε καταγελᾶν. εἰ γάρ τις προθείη πᾶσι ἀνθρώποισι ἐκλέξασθαι κελεύων νόμους τοὺς καλλίστους ἐκ τῶν πάντων νόμων, διασκεψάμενοι ἂν ἑλοίατο ἕκαστοι τοὺς ἑωυτῶν· οὕτω νομίζουσι πολλόν τι καλλίστους τοὺς ἑωυτῶν νόμους ἕκαστοι εἶναι. οὐκ ὦν οἰκός ἐστι ἄλλον γε ἢ μαινόμενον ἄνδρα γέλωτα τὰ τοιαῦτα τίθεσθαι. ὡς δὲ οὕτω νενομίκασι τὰ περὶ τοὺς νόμους οἱ πάντες ἄνθρωποι, πολλοῖσί τε καὶ ἄλλοισι τεκμηρίοισι πάρεστι σταθμώσασθαι, ἐν δὲ δὴ καὶ τῷδε. Δαρεῖος ἐπὶ τῆς ἑωυτοῦ ἀρχῆς καλέσας Ἑλλήνων τοὺς παρεόντας εἴρετο ἐπὶ κόσῳ ἂν χρήματι βουλοίατο τοὺς πατέρας ἀποθνῄσκοντας κατασιτέεσθαι· οἱ δὲ ἐπ᾽ οὐδενὶ ἔφασαν ἔρδειν ἂν τοῦτο. Δαρεῖος δὲ μετὰ ταῦτα καλέσας
Erodoto, III 37s. [3] Ἰνδῶν τοὺς καλεομένους Καλλατίας, οἳ τοὺς γονέας κατεσθίουσι, εἴρετο, παρεόντων τῶν Ἑλλήνων καὶ δι᾽ ἑρμηνέος μανθανόντων τὰ λεγόμενα, ἐπὶ τίνι χρήματι δεξαίατ᾽ ἂν τελευτῶντας τοὺς πατέρας κατακαίειν πυρί· οἱ δὲ ἀμβώσαντες μέγα εὐφημέειν μιν ἐκέλευον. οὕτω μέν νυν ταῦτα νενόμισται, καὶ ὀρθῶς μοι δοκέει Πίνδαρος (fr. 169,1 M.) ποιῆσαι, “νόμον πάντων βασιλέα” φήσας εἶναι.
Cambise, il pazzo il problema di una società multiculturale la demolizione del culto e del potere sacerdotale il riso e la derisione religione e νόμος l’importanza del νόμος e l’autocentrismo umano la follia della tabula rasa νόμος πάντων βασιλεύς (Pind. fr. 169,1 M.)
Un’invenzione ionica: la prosa La poesia degli Eoli e la prosa degli Ioni: l’affrancamento dalla tradizione e dal sentimento e la riproduzione intellettuale e discorsiva di una realtà positiva. Gli Ioni alla guida culturale e spirituale della Grecia dall’età arcaica all’inizio di quella classica: i Greci yauna, l’influsso sull’architettura, sulle arti e sulla scienza orientale (persiana in primis). La koiné ionica e l’influenza dell’alfabeto ionico (l’es. di χ), poi generalizzato (Atene 403, Beozia 370, ecc.), e della terminologia ionica. L’estrazione e la lingua ionica dei primi prosatori (Talete, Anassimandro, Anassimene; Eraclito; Ecateo), e quindi del genere in quanto tale (Erodoto e Tucidide; Ippocrate di Coo; Antioco di Siracusa, Ellanico di Lesbo); le poche tracce di una prosa dorica (dalle Dialexeis ad Archimede); le differenze stilistiche (maggiore o minore letterarietà), non linguistiche tra i γένη della prosa; poetismi e/o arcaismi.
La prosa ‘paraletteraria’: αἶνοι, λόγοι, μῦθοι, leggi ed elenchi L’Αἴσωπος λογοποιός e i riflessi poetici da Archiloco a Platone (Phaed. 60c, 61b). Genealogie, elenchi di vincitori (ad Olimpia dal 776 a.C.), liste di sacerdoti o governanti (gli efori a Sparta dal 757 a.C., gli arconti ad Atene dal 683 a.C.), leggi.
La prosa didascalica e narrativa: logografia, storiografia, scienza, filosofia La lingua dei primi logografi tra pretese poetiche e koiné d’uso microasiatica. Epicismi, forme non contratte, ionismi arcaici, l’‘ingenuità’ e il gusto narrativo (l’esempio degli Iamata di Epidauro).
Erodoto, la filosofia, la medicina La lingua semplice (scevra di γλῶσσαι), varia e ‘internazionale’ del viaggiatore di Alicarnasso. Arcaismi, forme non contratte, epicismi e atticismi, periodi più articolati: la tradizione manoscritta e la stilizzazione letteraria. Le γνῶμαι filosofiche tra retorica e poesia: Eraclito e Democrito. Ippocrate ἄκρατος: concisione e chiarezza.
IPPOCRATE
Ippocrate, Morbo sacro 14[17] [1] 14. εἰδέναι δὲ χρὴ τοὺς ἀνθρώπους, ὅτι ἐξ οὐδενὸς ἡμῖν αἱ ἡδοναὶ γίνονται καὶ αἱ εὐφροσύναι καὶ γέλωτες καὶ παιδιαὶ ἢ ἐντεῦθεν, καὶ λῦπαι καὶ ἀνίαι καὶ δυσφροσύναι καὶ κλαυθμοί. καὶ τούτῳ φρονεῦμεν μάλιστα καὶ νοεῦμεν καὶ βλέπομεν καὶ ἀκούομεν καὶ γινώσκομεν τά τε αἰσχρὰ καὶ τὰ καλὰ καὶ τὰ κακὰ καὶ ἀγαθὰ καὶ ἡδέα καὶ ἀηδέα, τὰ μὲν νόμῳ διακρίνοντες, τὰ δὲ τῷ ξυμφέροντι αἰσθανόμενοι, τῷ δὲ καὶ τὰς ἡδονὰς καὶ τὰς ἀηδίας τοῖσι καιροῖσι διαγινώσκοντες, καὶ οὐ ταὐτὰ ἀρέσκει ἡμῖν. τῷ δὲ αὐτῷ τούτῳ καὶ μαινόμεθα καὶ παραφρονέομεν, καὶ δείματα καὶ φόβοι παρίστανται ἡμῖν τὰ μὲν νύκτωρ, τὰ δὲ μεθ᾽ ἡμέρην, καὶ ἐνύπνια καὶ πλάνοι ἄκαιροι, καὶ φροντίδες οὐχ ἱκνεύμεναι, καὶ ἀγνωσίη τῶν καθεστεώτων καὶ ἀηθίη καὶ ἀπειρίη. καὶ ταῦτα πάσχομεν ἀπὸ τοῦ ἐγκεφάλου πάντα, ὅταν οὗτος μὴ ὑγιαίνῃ, ἀλλ᾽ ἢ
Ippocrate, Morbo sacro 14[17] [2] θερμότερος τῆς φύσιος γένηται ἢ ψυχρότερος ἢ ὑγρότερος ἢ ξηρότερος, ἤ τι ἄλλο πεπόνθῃ πάθος παρὰ τὴν φύσιν ὃ μὴ ἐώθει. καὶ μαινόμεθα μὲν ὑπὸ ὑγρότητος· ὁκόταν γὰρ ὑγρότερος τῆς φύσιος ἔῃ, ἀνάγκη κινέεσθαι, κινευμένου δὲ μήτε τὴν ὄψιν ἀτρεμίζειν μήτε τὴν ἀκοήν, ἀλλ᾽ ἄλλοτε ἄλλο ὁρᾷν καὶ ἀκούειν, τήν τε γλῶσσαν τοιαῦτα διαλέγεσθαι οἷα ἂν βλέπῃ τε καὶ ἀκούῃ ἑκάστοτε· ὁκόσον δ᾽ ἂν ἀτρεμήσῃ ὁ ἐγκέφαλος χρόνον, τοσοῦτον καὶ φρονέει ὁ ἄνθρωπος.
cervello, fuoco e umidità Ippocrate e la medicina fisico-scientifica il ‘morbo sacro’ la centrale delle emozioni follia, terrore, sogno la secchezza dell’anima (Eraclito) e del cervello movimento e quiete la spiegazione fisica e la sapienza dei Magi l’uomo come microcosmo: un modello scientifico
PLATONE
Platone, Apologia 31c-d, 40a-c τούτου δὲ αἴτιόν ἐστιν ὃ ὑμεῖς ἐμοῦ πολλάκις ἀκηκόατε πολλαχοῦ λέγοντος, ὅτι μοι θεῖόν τι καὶ δαιμόνιον γίγνεται {φωνή}, ὃ δὴ καὶ ἐν τῇ γραφῇ ἐπικωμῳδῶν Μέλητος ἐγράψατο. ἐμοὶ δὲ τοῦτ᾽ ἔστιν ἐκ παιδὸς ἀρξάμενον, φωνή τις γιγνομένη, ἣ ὅταν γένηται, ἀεὶ ἀποτρέπει με τοῦτο ὃ ἂν μέλλω πράττειν, προτρέπει δὲ οὔποτε... ἡ γὰρ εἰωθυῖά μοι μαντικὴ ἡ τοῦ δαιμονίου ἐν μὲν τῷ πρόσθεν χρόνῳ παντὶ πάνυ πυκνὴ ἀεὶ ἦν καὶ πάνυ ἐπὶ σμικροῖς ἐναντιουμένη, εἴ τι μέλλοιμι μὴ ὀρθῶς πράξειν. νυνὶ δὲ συμβέβηκέ μοι ἅπερ ὁρᾶτε καὶ αὐτοί, ταυτὶ ἅ γε δὴ οἰηθείη ἄν τις καὶ νομίζεται ἔσχατα κακῶν εἶναι· ἐμοὶ δὲ [b] οὔτε ἐξιόντι ἕωθεν οἴκοθεν ἠναντιώθη τὸ τοῦ θεοῦ σημεῖον, οὔτε ἡνίκα ἀνέβαινον ἐνταυθοῖ ἐπὶ τὸ δικαστήριον, οὔτε ἐν τῷ λόγῳ οὐδαμοῦ μέλλοντί τι ἐρεῖν.
Platone, Apologia 41c-42a ἀλλὰ καὶ ὑμᾶς χρή, ὦ ἄνδρες δικασταί, εὐέλπιδας εἶναι πρὸς τὸν θάνατον, καὶ ἕν τι τοῦτο διανοεῖσθαι ἀληθές, ὅτι [d] οὐκ ἔστιν ἀνδρὶ ἀγαθῷ κακὸν οὐδὲν οὔτε ζῶντι οὔτε τελευτήσαντι, οὐδὲ ἀμελεῖται ὑπὸ θεῶν τὰ τούτου πράγματα· οὐδὲ τὰ ἐμὰ νῦν ἀπὸ τοῦ αὐτομάτου γέγονεν, ἀλλά μοι δῆλόν ἐστι τοῦτο, ὅτι ἤδη τεθνάναι καὶ ἀπηλλάχθαι πραγμάτων βέλτιον ἦν μοι. διὰ τοῦτο καὶ ἐμὲ οὐδαμοῦ ἀπέτρεψεν τὸ σημεῖον ... τοὺς ὑεῖς μου, ἐπειδὰν ἡβήσωσι, τιμωρήσασθε, ὦ ἄνδρες, ταὐτὰ ταῦτα λυποῦντες ἅπερ ἐγὼ ὑμᾶς ἐλύπουν, ἐὰν ὑμῖν δοκῶσιν ἢ χρημάτων ἢ ἄλλου του πρότερον ἐπιμελεῖσθαι ἢ ἀρετῆς ... ἀλλὰ γὰρ ἤδη ὥρα ἀπιέναι, ἐμοὶ μὲν ἀποθανουμένῳ, ὑμῖν δὲ βιωσομένοις· ὁπότεροι δὲ ἡμῶν ἔρχονται ἐπὶ ἄμεινον πρᾶγμα, ἄδηλον παντὶ πλὴν ἢ τῷ θεῷ.
il demone di Socrate la voce divina di Socrate “sin da bambino”: la natura distogliere, non spingere τὸ συμβεβηκὸς τοῦτο ἀγαθόν εὐέλπιδες davanti alla morte la morte come indicazione divina il ‘fastidio’ filosofico e la scala dei valori la sorte migliore
Platone, Fedro 244a-245a [1] “οὐκ ἔστ᾽ ἔτυμος λόγος” (PMGF 192,1) ὃς ἂν παρόντος ἐραστοῦ τῷ μὴ ἐρῶντι μᾶλλον φῇ δεῖν χαρίζεσθαι, διότι δὴ ὁ μὲν μαίνεται, ὁ δὲ σωφρονεῖ. εἰ μὲν γὰρ ἦν ἁπλοῦν τὸ μανίαν κακὸν εἶναι, καλῶς ἂν ἐλέγετο· νῦν δὲ τὰ μέγιστα τῶν ἀγαθῶν ἡμῖν γίγνεται διὰ μανίας, θείᾳ μέντοι δόσει διδομένης. ἥ τε γὰρ δὴ ἐν Δελφοῖς προφῆτις αἵ τ᾽ ἐν [b] Δωδώνῃ ἱέρειαι μανεῖσαι μὲν πολλὰ δὴ καὶ καλὰ ἰδίᾳ τε καὶ δημοσίᾳ τὴν Ἑλλάδα ἠργάσαντο, σωφρονοῦσαι δὲ βραχέα ἢ οὐδέν· καὶ ἐὰν δὴ λέγωμεν Σίβυλλάν τε καὶ ἄλλους, ὅσοι μαντικῇ χρώμενοι ἐνθέῳ πολλὰ δὴ πολλοῖς προλέγοντες εἰς τὸ μέλλον ὤρθωσαν, μηκύνοιμεν ἂν δῆλα παντὶ λέγοντες. τόδε μὴν ἄξιον ἐπιμαρτύρασθαι, ὅτι καὶ τῶν παλαιῶν οἱ τὰ ὀνόματα τιθέμενοι οὐκ αἰσχρὸν ἡγοῦντο οὐδὲ ὄνειδος μανίαν· [c] οὐ γὰρ ἂν τῇ καλλίστῃ τέχνῃ, ᾗ τὸ μέλλον κρίνεται, αὐτὸ τοῦτο τοὔνομα
Platone, Fedro 244a-245a [2] ἐμπλέκοντες μανικὴν ἐκάλεσαν. ἀλλ᾽ ὡς καλοῦ ὄντος, ὅταν θείᾳ μοίρᾳ γίγνηται, οὕτω νομίσαντες ἔθεντο, οἱ δὲ νῦν ἀπειροκάλως τὸ ταῦ ἐπεμβάλλοντες μαντικὴν ἐκάλεσαν... τρίτη δὲ ἀπὸ Μουσῶν κατοκωχή τε καὶ μανία, λαβοῦσα ἁπαλὴν καὶ ἄβατον ψυχήν, ἐγείρουσα καὶ ἐκβακχεύουσα κατά τε ᾠδὰς καὶ κατὰ τὴν ἄλλην ποίησιν, μυρία τῶν παλαιῶν ἔργα κοσμοῦσα τοὺς ἐπιγιγνομένους παιδεύει· ὃς δ᾽ ἂν ἄνευ μανίας Μουσῶν ἐπὶ ποιητικὰς θύρας ἀφίκηται, πεισθεὶς ὡς ἄρα ἐκ τέχνης ἱκανὸς ποιητὴς ἐσόμενος, ἀτελὴς αὐτός τε καὶ ἡ ποίησις ὑπὸ τῆς τῶν μαινομένων ἡ τοῦ σωφρονοῦντος ἠφανίσθη.
la divina mania la μανία come causa dei beni più grandi le profetesse di Delfi, di Dodona, la Sibilla mania e mantica l’aruspicina, la profezia, il culto la mania poetica l’insufficienza della tecnica la mania che vince la σωφροσύνη l’ispirazione divina
La lingua ufficiale della dodecapoli e della giambografia: la prosa ‘orale’ Il carattere autoctono della prosa ionica e il rifiuto dei concetti tradizionali di origine orientale (ma si veda Eraclito): i fatti e la ragione. Gli scritti per la lettura (cf. Plat. Parm. 127c) e il carattere orale delle frasi (le ripetizioni, le pospositive, i parallelismi e la sottolineatura continua della struttura della frase). Dalle parole-forza alle parole-segno (es. di ὕπνος, φύσις, ἀνάγκη). Il pensiero discorsivo e razionale: l’isolamento e l’espressione distinta di ogni nozione (l’opposizione dei termini, l’articolo e l’aggettivo neutro, le formanti nominali ‑της, ‑σις e ‑μα e la razionalizzazione del linguaggio), agilità e precisione.
ISOCRATE
Isocrate, Sulla pace (8) 17s. 17. ἢν μὲν οὖν ἐνταῦθα καταλίπω τὸν λόγον, οἶδ᾽ ὅτι δόξω τὴν πόλιν ἐλαττοῦν, εἰ Θηβαῖοι μὲν ἕξουσιν Θεσπιὰς καὶ Πλαταιὰς καὶ τὰς ἄλλας πόλεις ἃς παρὰ τοὺς ὅρκους κατειλήφασιν, ἡμεῖς δ᾽ ἔξιμεν μηδεμιᾶς ἀνάγκης οὔσης ἐξ ὧν τυγχάνομεν ἔχοντες· ἢν δὲ διὰ τέλους ἀκούσητέ μου προσέχοντες τὸν νοῦν, οἶμαι πάντας ὑμᾶς καταγνώσεσθαι πολλὴν ἄνοιαν καὶ μανίαν τῶν τὴν ἀδικίαν πλεονεξίαν εἶναι νομιζόντων καὶ τῶν τὰς ἀλλοτρίας πόλεις βίᾳ κατεχόντων καὶ μὴ λογιζομένων τὰς συμφορὰς τὰς ἐκ τῶν τοιούτων ἔργων γιγνομένας. 18 ταῦτα μὲν οὖν διὰ παντὸς τοῦ λόγου πειρασόμεθα διδάσκειν ὑμᾶς. περὶ δὲ τῆς εἰρήνης πρῶτον διαλεχθῶμεν καὶ σκεψώμεθα τί ἂν ἐν τῷ παρόντι γενέσθαι βουληθεῖμεν ἡμῖν. ἢν γὰρ ταῦτα καλῶς ὁρισώμεθα καὶ νοῦν ἐχόντως, πρὸς ταύτην τὴν ὑπόθεσιν ἀποβλέποντες ἄμεινον βουλευσόμεθα καὶ περὶ τῶν ἄλλων.
la pazzia della guerra Isocrate e il Sulla pace le scaramucce interelleniche la follia della violenza le conseguenze della guerra la pedagogia della pace assennatezza, definizione, deliberazione consapevole l’ultima grande prosa attica per l’ultimo progetto panellenico
Atene e la retorica La sopravvivenza della lingua di cultura ionica. La prosa fatta per l’azione: l’attico dall’arcaismo (il duale, i verbi atematici, λαμβάνω/λήψομαι, πόλις, ‑ττ‑ e ‑ρρ‑) alla Kunstprosa. La retorica di importazione (Siracusa?): Gorgia di Leontini (le figure retoriche), Trasimaco di Calcedonia (il ritmo prosastico e i cola). Politologia e storiografia: la Costituzione degli Ateniesi e Tucidide (ἐς, αἰεί, ἵνα, ὡς, ἤν, δορί, οὐ σμικρός, μὴ θέλω). Lisia figlio di Cefalo (l’atticismo giudiziario); Antifonte e la differenza tra Tetralogie e discorsi giudiziari; Iperide e l’anticipo della koiné; Demostene e la prosa di tutta la Grecia.
Filosofia e retorica: Isocrate e Platone La conversazione cólta di Platone: i poetismi, le etimologie popolari (vd. Cratilo), l’attico puro (il duale), parole usuali in significato generale (i neutri e l’articolo), l’algebra linguistica. La storia girovaga di Senofonte: l’attico impuro e l’annuncio della koiné (la rarità del duale, dorismi e ionismi, poetismi, coinismi). La lingua aulica e la grammatica attica di Isocrate. La koiné in Aristotele: l’attico che diventa greco comune e prosa del pensiero razionale (l’ordo verborum, le pospositive, gli elementi verbali e nominal-verbali, l’articolo dimostrativo, varietas e unità). La lingua dei vasai e delle tabellae defixionis: l’attico che non rimane. Il problema della tradizione manoscritta e l’emendazione (già antica) delle anomalie.
ARISTOTELE
Aristotele, Poetica 1455a 22-32 [1455a 22] δεῖ δὲ τοὺς μύθους συνιστάναι καὶ τῇ λέξει συναπεργάζεσθαι ὅτι μάλιστα πρὸ ὀμμάτων τιθέμενον· οὕτω γὰρ ἂν ἐναργέστατα {ὁ} ὁρῶν ὥσπερ παρ᾽ αὐτοῖς γιγνόμενος τοῖς πραττομένοις εὑρίσκοι τὸ πρέπον καὶ ἥκιστα ἂν λανθάνοι {τὸ} τὰ ὑπεναντία. σημεῖον δὲ τούτου ὃ ἐπετιμᾶτο Καρκίνῳ. ὁ γὰρ Ἀμφιάραος ἐξ ἱεροῦ ἀνῄει, ὃ μὴ ὁρῶντα {τὸν θεατὴν} ἐλάνθανεν, ἐπὶ δὲ τῆς σκηνῆς ἐξέπεσεν δυσχερανάντων τοῦτο τῶν θεατῶν. ὅσα δὲ δυνατὸν καὶ τοῖς σχήμασιν συναπεργαζόμενον· πιθανώτατοι γὰρ ἀπὸ τῆς αὐτῆς φύσεως οἱ ἐν τοῖς πάθεσίν εἰσιν, καὶ χειμαίνει ὁ χειμαζόμενος καὶ χαλεπαίνει ὁ ὀργιζόμενος ἀληθινώτατα. διὸ εὐφυοῦς ἡ ποιητική ἐστιν ἢ μανικοῦ· τούτων γὰρ οἱ μὲν εὔπλαστοι οἱ δὲ ἐκστατικοί εἰσιν.
poetiche follie l’arte vivida e visuale il πρέπον l’importanza dell’effetto, ἔργον la ‘persuasione’ poetica la natura il πάθος che suscita πάθος l’elemento μανικόν l’ἔκστασις
L’unità di tre nozioni La lingua letteraria da Aristotele all’età moderna: la lingua di Polibio, di Strabone, di Plutarco; la lingua avversata dagli atticisti. La lingua parlata, d’uso, dell’età di Alessandro Magno e dei secoli suc-cessivi: la testimonianza dei papiri documentari e di opere a finalità non principalmente letteraria come il Nuovo Testamento; l’evoluzione della lingua in rapporto ad Aufstieg und Niedergang dell’impero culturale greco; l’inevitabile varietas di ogni lingua parlata. La lingua ‘madre’ del greco medioevale e moderno, con la sua nuova differenziazione in parlate non corrispondenti in nulla agli antichi dialetti, e caratterizzate da una sostanziale unità di fondo. La codificazione ortografico-grammaticale e l’insegnamento scolastico da un lato, le varietà e ‘irregolarità’ fonetiche e di pronuncia dall’altro: la koiné come fluttuante insieme di tendenze (la progressiva e inarrestabile scomparsa del perfetto, dell’ottativo, del futuro, dell’infinito, la semplificazione del sistema dei casi). La norma ideale e le tendenze naturali, la tradizione e l’evoluzione, la fissità e il cambiamento.
MENANDRO
Menandro, Lo scorbutico 713-722, 743-745 ἓν δ᾽ ἴσως ἥμαρτον ὅστις τῶν ἁπάντων ᾠόμην αὐτὸς αὐτάρκης τις εἶναι καὶ δεήσεσθ᾽ οὐδενός. νῦν δ᾽ ἰδὼν ὀξεῖαν οὖσαν ἄσκοπόν τε τοῦ βίου 715 τὴν τελευτήν, εὗρον οὐκ εὖ τοῦτο γινώσκων τότε. δεῖ γὰρ εἶναι – καὶ παρεῖναι – τὸν ἐπικουρήσοντ᾽ ἀεί. ἀλλὰ μὰ τὸν ῞Ηφαιστον – οὕτω σφόδρα <δι>εφθάρμην ἐγὼ τοὺς βίους ὁρῶν ἑκάστους τοὺς λογισμούς <θ᾽> ὃν τρόπον πρὸς τὸ κερδαίνειν ἔχουσιν – οὐδέν᾽ εὔνουν ᾠόμην 720 ἕτερον ἑτέρῳ τῶν ἁπάντων ἂν γενέσθαι. τοῦτο δὴ ἐμποδὼν ἦν μοι [...] εἰ τοιοῦτ]οι πάντες ἦσαν, οὔτε τὰ δικαστήρια ἦν ἄν, οὔθ᾽ αὑτοὺς ἀπῆγον εἰς τὰ δεσμωτήρια, οὔτε πόλεμος ἦν, ἔχων δ᾽ ἂν μέτρι᾽ ἕκαστος ἠγάπα. 745
la misantropia la sofferenza nel contatto con gli altri (misantropia) l’incontro come prevaricazione il moralismo e la chiusura la sfiducia negli altri il pessimismo come ermeneutica l’immodificabilità dell’atteggiamento l’incomprensione del sentimento apertura verso gli altri, generosità, attenzione ai sentimenti, flessibilità nei modi: il gentleman
Il quadro storico Commercianti, soldati, intellettuali dalle πόλεις-stato alla cittadinanza ‘allentata’ dell’età ellenistica: la lingua locale dalla funzione politica di lingua della comunità a vernacolo per esteriori rivendicazioni di indipendenza. Le tappe di un’evoluzione storico-linguistica: le invasioni persiane, l’egemonia ateniese, l’egemonia macedone e l’impero di Alessandro Magno, l’impero romano. La minaccia persiana: dalla koiné ionica del VI sec. a.C. alla koiné ionico-attica (475-431 a.C.); la resistenza contro i Persiani e l’egemonia di Atene e di Sparta. L’impero culturale di Atene: il sistema giudiziario (dal 446 a.C.), le cleruchie, le arti e l’aristocrazia dello spirito (l’ininfluenza linguistica delle egemonie di Sparta e di Tebe). I Macedoni da Alessandro I (490-454) ad Archelao (413-400) e da Filippo ad Alessandro Magno, e la consacrazione dell’attico sotto l’impero macedone: il nuovo periodo di espansione (a differenza del V secolo) e l’affermarsi della cultura ellenistica (Alessandria, Pergamo, Antiochia). La soppressione delle peculiarità attiche e il formarsi di una lingua comune dalla Sicilia all’India, dall’Egitto al Mar Nero: la lingua urbana e ufficiale delle classi dirigenti e i patois locali (il declino delle koinai occidentali). Il carattere ‘impoetico’ della koiné, lingua della scienza e della filosofia: il lessico intellettuale dell’Occidente (precisione e sfumature). I confini del greco: latino, aramaico, partico, arabo, armeno, slavo; influenze, prestiti, calchi.
PLUTARCO
Plutarco, La superstizione 169d-f [1] τοιαύτη μὲν ἐν τοῖς ἀβουλήτοις καὶ περιστατικοῖς λεγομένοις πράγμασι καὶ καιροῖς ἡ δεισιδαιμονία, βελτίων δ᾽ οὐδὲν οὐδ᾽ ἐν τοῖς ἡδίοσι τῆς ἀθεότητος. ἥδιστα δὲ τοῖς ἀνθρώποις ἑορταὶ καὶ εἰλαπίναι πρὸς ἱεροῖς καὶ μυήσεις καὶ ὀργιασμοὶ καὶ κατευχαὶ θεῶν καὶ προσκυνήσεις. ἐνταῦθα τοίνυν σκόπει τὸν ἄθεον γελῶντα μὲν μανικὸν καὶ σαρδάνιον γέλωτα τοῖς ποιουμένοις καί που παραφθεγγόμενον ἠρέμα πρὸς τοὺς συνήθεις ὅτι τετύφωνται καὶ δαιμονῶσιν οἱ θεοῖς ταῦτα δρᾶσθαι νομίζοντες, ἄλλο δ᾽ οὐδὲν ἔχοντα κακόν. ὁ δὲ δεισιδαίμων βούλεται μὲν οὐ δύναται δὲ χαίρειν οὐδ᾽ ἥδεσθαι· πόλις δ᾽ ὁμοῦ μὲν θυμιαμάτων γέμει, ὁμοῦ δὲ παιάνων τε καὶ στεναγμάτων (Soph. OT 4s.)
Plutarco, La superstizione 169d-f [2] ἡ ψυχὴ τοῦ δεισιδαίμονος· ἐστεφανωμένος ὠχριᾷ, θύει καὶ φοβεῖται, εὔχεται φωνῇ παλλομένῃ καὶ χερσὶν ἐπιθυμιᾷ τρεμούσαις, καὶ ὅλως ἀποδείκνυσι τὸν Πυθαγόρου λόγον φλύαρον εἰπόντος ὅτι βέλτιστοι γιγνόμεθα πρὸς τοὺς θεοὺς βαδίζοντες· τότε γὰρ ἀθλιώτατα καὶ κάκιστα πράττουσιν οἱ δεισιδαίμονες ... τί σὺ λέγεις; ὁ μὴ νομίζων θεοὺς εἶναι ἀνόσιός ἐστιν; ὁ δὲ τοιούτους νομίζων οἵους οἱ δεισιδαίμονες, οὐ μακρῷ δόξαις ἀνοσιωτέραις σύνεστιν; ἐγὼ γοῦν ἂν ἐθέλοιμι μᾶλλον τοὺς ἀνθρώπους λέγειν περὶ ἐμοῦ μήτε γεγονέναι τὸ παράπαν μήτ᾽ εἶναι Πλούταρχον ἢ λέγειν ὅτι Πλούταρχός ἐστιν ἄνθρωπος ἀβέβαιος εὐμετάβολος, εὐχερὴς πρὸς ὀργήν, ἐπὶ τοῖς τυχοῦσι τιμωρητικός, μικρόλυπος.
superstizione e ateismo il riso (folle) dell’ateo il riso del folle sui folli la superstizione come rinuncia alla volontà superstizione e paura l’empietà dell’ateismo: l’irrisione degli altri l’empietà della superstizione: il terrore degli altri instabilità, ira, rancore, suscettibilità la follia come perdita di identità
Le fonti della koiné I testi documentari (lettere, conti, ecc.) e gli errori (ει/ι, la pronuncia delle occlusive, α/ε, gli errori dei forestieri). Papiri (Egitto ed Ercolano ante 79 d.C.) e iscrizioni: le differenti tipologie di errore (fonetica [per es. ει/ι] e morfologia [per es. εἶδα]) I testi letterari e gli inconvenienti della ‘tradizione’ (quella ‘a monte’: letterarizzante; quella ‘a valle’: analogista e/o innovatrice); i testi documentari come indicatori della lingua d’uso nelle opere letterarie. I testi ‘paraletterari’: i Settanta e il Nuovo Testamento; il valore documentario dei testi biblici per lo studio della koiné e l’antichità della loro tradizione (il Vaticano e il Sinaitico del IV sec., l’Alessandrino del V sec.); il problema della paternità delle particolarità (gli autori o i copisti?). L’influenza del parlato sulla lingua ufficiale: l’esempio di οὐδείς/οὐθείς e dei gruppi ‑ττ‑/‑σσ‑ tra parlato e letteratura (atticizzante). I testi letterari non arcaizzanti (Aristotele, Menandro, Polibio) e il greco moderno: l’evoluzione della lingua.
I caratteri della koiné Da un ritmo quantitativo a un ritmo accentuativo (fenomeno indoeuropeo, cui si oppone in parte solo il lituano): l’ingresso dell’accento nella ritmica e l’affievolirsi delle distinzioni quantitative all’interno dello stesso timbro. La scomparsa generalizzata di ϝ, y, s‑ (gli ipercorrettismi ἐφέτος e μεθαύριον). La scomparsa del duale (Ar.: 37x δύο: 10x + δραχμάς, 27x + duale; Men.: δύο + pl.) e la rianimazione fittizia degli atticisti. La scomparsa dell’ottativo, doppione del congiuntivo (vd. sanscrito, persiano, latino, ecc.): il mantenimento del valore desiderativo, il progressivo arretramento di quello potenziale (la concorrenza del futuro: qualcuno potrebbe fare / farà forse), di quello irreale (la concorrenza del passato: facciamo come se tu fossi / che eri), di quello dipendente dai tempi storici (‘congiuntivo del passato’: la concorrenza del congiuntivo); «la perdita di un’eleganza da aristocratici» (Meillet). Il verbo dalla complicazione indoeuropea (le ‘anomalie’) all’uniformazione paradigmatica: i verbi atematici e le forme ‘irregolari’ ricondotti a una coniugazione ‘normale’; la debole e ambigua des. 3 pers. pl. ‑ντ e il prevalere di ‑σαν. La riduzione delle forme nominali anomale, la riduzione dei comparativi, la progressiva scomparsa del medio, la rapida scomparsa del perfetto (la concorrenza dell’aoristo, nello sbiadirsi dei valori aspettuali), la scomparsa della flessione consonantica, lo sviluppo delle preposizioni (specie nei Settanta: es. πέποιθα ἐπί).
I LXX: QOELET
Qoelet, 1 [1] ματαιότης ματαιοτήτων, εἶπεν ὁ Ἐκκλησιαστής, ματαιότης ματαιοτήτων, τὰ πάντα ματαιότης... πάντες οἱ λόγοι ἔγκοποι· οὐ δυνήσεται ἀνὴρ τοῦ λαλεῖν, καὶ οὐκ ἐμπλησθήσεται ὀφθαλμὸς τοῦ ὁρᾶν, καὶ οὐ πληρωθήσεται οὖς ἀπὸ ἀκροάσεως. τί τὸ γεγονός, αὐτὸ τὸ γενησόμενον· καὶ τί τὸ πεποιημένον, αὐτὸ τὸ ποιηθησόμενον· καὶ οὐκ ἔστιν πᾶν πρόσφατον ὑπὸ τὸν ἥλιον... οὐκ ἔστιν μνήμη τοῖς πρώτοις, καί γε τοῖς ἐσχάτοις γενομένοις οὐκ ἔσται αὐτοῖς μνήμη μετὰ τῶν γενησομένων εἰς τὴν ἐσχάτην.
Qoelet, 1 [2] ἐγὼ Ἐκκλησιαστὴς ἐγενόμην βασιλεὺς ἐπὶ Ισραηλ ἐν Ιερουσαλημ· καὶ ἔδωκα τὴν καρδίαν μου τοῦ ἐκζητῆσαι καὶ τοῦ κατασκέψασθαι ἐν τῇ σοφίᾳ περὶ πάντων τῶν γινομένων ὑπὸ τὸν οὐρανόν· ὅτι περισπασμὸν πονηρὸν ἔδωκεν ὁ θεὸς τοῖς υἱοῖς τοῦ ἀνθρώπου τοῦ περισπᾶσθαι ἐν αὐτῷ. εἶδον σὺν πάντα τὰ ποιήματα τὰ πεποιημένα ὑπὸ τὸν ἥλιον, καὶ ἰδοὺ τὰ πάντα ματαιότης καὶ προαίρεσις πνεύματος... ὅτι καί γε τοῦτ᾽ ἔστιν προαίρεσις πνεύματος· ὅτι ἐν πλήθει σοφίας πλῆθος γνώσεως, καὶ ὁ προστιθεὶς γνῶσιν προσθήσει ἄλγημα.
‘tutto è vanità’ il pessimismo qoeletiano la ‘follia delle follie’ l’inutilità degli sforzi umani la ciclicità nauseante del semper eadem l’incompiutezza di ogni cosa la vanità della memoria il περισπασμὸς πονηρός e la προαίρεσις πνεύματος la conoscenza come dolore
IL NUOVO TESTAMENTO: MATTEO
Matteo, 25,1-13 [1] 1 τότε ὁμοιωθήσεται ἡ βασιλεία τῶν οὐρανῶν δέκα παρθένοις, αἵτινες λαβοῦσαι τὰς λαμπάδας ἑαυτῶν ἐξῆλθον εἰς ὑπάντησιν τοῦ νυμφίου. 2 πέντε δὲ ἐξ αὐτῶν ἦσαν μωραὶ καὶ πέντε φρόνιμοι. 3 αἱ γὰρ μωραὶ λαβοῦσαι τὰς λαμπάδας αὐτῶν οὐκ ἔλαβον μεθ᾽ ἑαυτῶν ἔλαιον· 4 αἱ δὲ φρόνιμοι ἔλαβον ἔλαιον ἐν τοῖς ἀγγείοις μετὰ τῶν λαμπάδων ἑαυτῶν. 5 χρονίζοντος δὲ τοῦ νυμφίου ἐνύσταξαν πᾶσαι καὶ ἐκάθευδον. 6 μέσης δὲ νυκτὸς κραυγὴ γέγονεν, “ἰδοὺ ὁ νυμφίος, ἐξέρχεσθε εἰς ἀπάντησιν αὐτοῦ”. 7 τότε ἠγέρθησαν πᾶσαι αἱ παρθένοι ἐκεῖναι καὶ ἐκόσμησαν τὰς λαμπάδας ἑαυτῶν. 8 αἱ δὲ μωραὶ ταῖς φρονίμοις εἶπαν “δότε ἡμῖν ἐκ τοῦ ἐλαίου ὑμῶν, ὅτι αἱ λαμπάδες ἡμῶν σβέννυνται”. 9 ἀπεκρίθησαν δὲ αἱ φρόνιμοι λέγουσαι “μήποτε οὐκ ἀρκέσῃ ἡμῖν καὶ ὑμῖν· πορεύεσθε μᾶλλον πρὸς τοὺς πωλοῦντας καὶ ἀγοράσατε ἑαυταῖς”.
Matteo, 25,1-13 [2] 10 ἀπερχομένων δὲ αὐτῶν ἀγοράσαι ἦλθεν ὁ νυμφίος, καὶ αἱ ἕτοιμοι εἰσῆλθον μετ᾽ αὐτοῦ εἰς τοὺς γάμους, καὶ ἐκλείσθη ἡ θύρα. 11 ὕστερον δὲ ἔρχονται καὶ αἱ λοιπαὶ παρθένοι λέγουσαι “κύριε κύριε, ἄνοιξον ἡμῖν”. 12 ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν “ἀμὴν λέγω ὑμῖν, οὐκ οἶδα ὑμᾶς”. 13 γρηγορεῖτε οὖν, ὅτι οὐκ οἴδατε τὴν ἡμέραν οὐδὲ τὴν ὥραν.
le vergini stolte μωραί e φρόνιμοι il simbolo (implicito) del sale il simbolo dell’olio e della luce il prestito e l’acquisizione personale la saggezza come essere pronti la porta chiusa la follia come entità non (ri)conoscibile la saggezza come veglia la parabola come mezzo di conoscenza (e di esclusione?)
IL NUOVO TESTAMENTO: 1 CORINZI
1Corinzi, 1,18-31[1] 18 ὁ λόγος γὰρ ὁ τοῦ σταυροῦ τοῖς μὲν ἀπολλυμένοις μωρία ἐστίν, τοῖς δὲ σῳζομένοις ἡμῖν δύναμις θεοῦ ἐστιν. 19 γέγραπται γὰρ “ἀπολῶ τὴν σοφίαν τῶν σοφῶν, καὶ τὴν σύνεσιν τῶν συνετῶν ἀθετήσω”. 20 ποῦ σοφός; ποῦ γραμματεύς; ποῦ συζητητὴς τοῦ αἰῶνος τούτου; οὐχὶ ἐμώρανεν ὁ θεὸς τὴν σοφίαν τοῦ κόσμου; 21 ἐπειδὴ γὰρ ἐν τῇ σοφίᾳ τοῦ θεοῦ οὐκ ἔγνω ὁ κόσμος διὰ τῆς σοφίας τὸν θεόν, εὐδόκησεν ὁ θεὸς διὰ τῆς μωρίας τοῦ κηρύγματος σῶσαι τοὺς πιστεύοντας. 22 ἐπειδὴ καὶ Ἰουδαῖοι σημεῖα αἰτοῦσιν καὶ Ἕλληνες σοφίαν ζητοῦσιν, 23 ἡμεῖς δὲ κηρύσσομεν Χριστὸν ἐσταυρωμένον, Ἰουδαίοις μὲν σκάνδαλον ἔθνεσιν δὲ μωρίαν, 24 αὐτοῖς δὲ τοῖς κλητοῖς, Ἰουδαίοις τε καὶ Ἕλλησιν, Χριστὸν θεοῦ δύναμιν καὶ θεοῦ σοφίαν· 25 ὅτι τὸ μωρὸν τοῦ θεοῦ σοφώτερον τῶν ἀνθρώπων ἐστίν, καὶ τὸ ἀσθενὲς τοῦ θεοῦ ἰσχυρότερον τῶν ἀνθρώπων.
1Corinzi, 1,18-31[2] 26 βλέπετε γὰρ τὴν κλῆσιν ὑμῶν, ἀδελφοί, ὅτι οὐ πολλοὶ σοφοὶ κατὰ σάρκα, οὐ πολλοὶ δυνατοί, οὐ πολλοὶ εὐγενεῖς· 27 ἀλλὰ τὰ μωρὰ τοῦ κόσμου ἐξελέξατο ὁ θεὸς ἵνα καταισχύνῃ τοὺς σοφούς, καὶ τὰ ἀσθενῆ τοῦ κόσμου ἐξελέξατο ὁ θεὸς ἵνα καταισχύνῃ τὰ ἰσχυρά, 28 καὶ τὰ ἀγενῆ τοῦ κόσμου καὶ τὰ ἐξουθενημένα ἐξελέξατο ὁ θεός, τὰ μὴ ὄντα, ἵνα τὰ ὄντα καταργήσῃ, 29 ὅπως μὴ καυχήσηται πᾶσα σὰρξ ἐνώπιον τοῦ θεοῦ. 30 ἐξ αὐτοῦ δὲ ὑμεῖς ἐστε ἐν Χριστῷ Ἰησοῦ, ὃς ἐγενήθη σοφία ἡμῖν ἀπὸ θεοῦ, δικαιοσύνη τε καὶ ἁγιασμὸς καὶ ἀπολύτρωσις, 31 ἵνα καθὼς γέγραπται “ὁ καυχώμενος ἐν κυρίῳ καυχάσθω”.
lo scandalo della croce la croce come μωρία e come δύναμις σοφία e σύνεσις gli intellettuali e la σοφία τοῦ κόσμου i deboli e la μωρία τοῦ κηρύγματος σκάνδαλον e μωρία τὸ μωρὸν τοῦ θεοῦ σοφώτερον τῶν ἀνθρώπων i σοφοὶ κατὰ σάρκα la vergogna e l’annullamento δικαιοσύνη τε καὶ ἁγιασμὸς καὶ ἀπολύτρωσις
alla fine di una carrellata... inclusione o esclusione: l’incomunicabilità la malattia isolante e l’autenticità della vita tra razionalità e passioni un problema di identità: chi sono io? la regola e l’eccezione i matti e i geni come possibilità dell’umano, tra spiazzamento, accoglienza, condivisione alla fine di una carrellata...
Ecco. Ho una vecchia cagna lupetta, da undici anni per casa, bianca e nera, grassa, bassa e pelosa, con gli occhi già appannati dalla vecchiaja. Tra me e lei non c'erano mai stati buoni rapporti. Forse, prima, essa non approvava la mia professione, che non permetteva si facessero rumori per casa; s'era messa però ad approvarla a poco a poco, con la vecchiaja; tanto che, per sfuggire alla tirannia capricciosa dei ragazzi, che vorrebbero ancora ruzzare con lei giú nel giardino, aveva preso da un pezzo il partito di rifugiarsi qua nel mio studio da mane a sera, a dormire sul tappeto col musetto aguzzo tra le zampe. Tra tante carte e tanti libri, qua, si sentiva protetta e sicura. Di tratto in tratto schiudeva un occhio a guardarmi, come per dire: «Bravo, sì, caro: lavora; non ti muovere di lì, perché è sicuro che, finché stai lì a lavorare, nessuno entrerà qui a disturbare il mio sonno.» Così pensava certamente la povera bestia. La tentazione di compiere su lei la mia vendetta mi sorse, quindici giorni or sono, all'improvviso, nel vedermi guardato così. Non le faccio male; non le faccio nulla. Appena posso, appena qualche cliente mi lascia libero un momento, mi alzo cauto, pian piano, dal mio seggiolone, perché nessuno s'accorga che la mia sapienza temuta e ambita, la mia sapienza
formidabile di professore di diritto e d'avvocato, la mia austera dignità di marito, di padre, si siano per poco staccate dal trono di questo seggiolone; e in punta di piedi mi reco all'uscio a spiare nel corridojo, se qualcuno non sopravvenga; chiudo l'uscio a chiave, per un momento solo; gli occhi mi sfavillano di gioja, le mani mi ballano dalla voluttà che sto per concedermi, d'esser pazzo, d'esser pazzo per un attimo solo, d'uscire per un attimo solo dalla prigione di questa forma morta, di distruggere, d'annientare per un attimo solo, beffardamente, questa sapienza, questa dignità che mi soffoca e mi schiaccia; corro a lei, alla cagnetta che dorme sul tappeto; piano, con garbo, le prendo le due zampine di dietro e le faccio fare la carriola: le faccio muovere cioè otto o dieci passi, non più, con le sole zampette davanti, reggendola per quelle di dietro. Questo è tutto. Non faccio altro. Corro subito a riaprire l'uscio adagio adagio, senza il minimo cricchio, e mi rimetto in trono, sul seggiolone, pronto a ricevere un nuovo cliente, con l'austera dignità di prima, carico come un cannone di tutta la mia sapienza formidabile. Ma, ecco, la bestia, da quindici giorni, rimane come basita a mirarmi, con quegli occhi appannati, sbarrati dal terrore. Vorrei farle intendere – ripeto
– che non è nulla; che stia tranquilla, che non mi guardi così – che non è nulla; che stia tranquilla, che non mi guardi così. Comprende, la bestia, la terribilità dell'atto che compio. Non sarebbe nulla, se per scherzo glielo facesse uno dei miei ragazzi. Ma sa ch'io non posso scherzare; non le è possibile ammettere che io scherzi, per un momento solo; e seguita maledettamente a guardarmi, atterrita. (L. Pirandello, La carriola)
solitudine, lentezza, visione La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere [...]. Un malato di mente entra nel manicomio come ‘persona’ per diventare una ‘cosa’. Il malato, prima di tutto, è una ‘persona’ e come tale deve essere considerata e curata (…) Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone. (Franco Basaglia) il matto sulla collina
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